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Il sistema polare

 
 

di Alessio Feltri

 
 

Nei miei articoli precedenti ho mostrato svariate fotografie che erano state alterate alla fonte, col probabile fine di non consentire a chicchessia un’interpretazione plausibile. Questa volta invece analizzeremo delle immagini che ci sono state presentate in forma più o meno corretta, ma che non sono state perfettamente comprese nelle loro implicazioni.

Qualche lettore mi ha fatto notare che dai miei scritti è talora difficile trarre un quadro di riferimento certo, sia che lo si voglia condividere oppure rifiutare, per cui tenterò di ovviare al problema cercando di usare una terminologia accessibile, anche a costo di sacrificare parecchio sul piano della correttezza formale. Allo scopo devo fare una piccola digressione, sperando che questo non vi scateni l’irrefrenabile impulso di spegnere il computer.

Vi ho già parlato di come le coincidenze siano spesso più attendibili della superstizione scientifica. Il primo esempio che mi viene in mente è la mia tesi di laurea, risalente agli anni ’70, dal titolo “Teoria gravitazionale delle linee bidimensionali curve”. Nella premessa del mio lavoro cercavo di spiegare i motivi per cui la teoria einsteiniana della relatività mi sembrasse semplicistica e inadeguata a pervenire ad una teoria unificata. Vi risparmio i dettagli, molti neppure me li ricordo, ma in soldoni la mia “sensazione” partiva da alcuni fatti ben precisi.

Molti lettori conosceranno il famoso disegnino, in cui la massa di un pianeta deforma lungo una conica lo spazio-tempo: 
 

 

Il fatto che in questo caso la rotazione del pianeta non desse luogo a manifestazioni evidenti e che quindi l’equilibrio gravitazionale si riducesse ad intersezioni sferiche tra i vari corpi celesti non mi convinceva, anche perché finiva per allontanare la gravitazione dalle altre forze, in contrasto con l’evidenza di alcune significative coincidenze.
Vi ho già mostrato come Van Allen avesse chiarito la propagazione a spirale del vento solare:

 

 

Da questa foto satellitare potete vedere come anche la magnetosfera (a destra) si disponga in modo spiraliforme:

 

 

E se questa configurazione fosse stata applicabile anche alla gravità?

Un primo segnale me lo diede un’intervista allo stesso Van Allen, che accennava ad inopinate apparizioni e scomparse del campo magnetico di Giove durante l’avvicinamento della sonda Pioneer 10, praticamente un’altra versione della barzelletta sui carabinieri alle prese con la freccia della loro gazzella (Funziona…Non funziona…).

La mia soluzione di allora ve la riporto in un disegno VR, in cui ho provato ad esprimere graficamente il campo magnetico di un pianeta (Marte è casuale, visto che tra l’altro il suo campo magnetico pare che sia molto debole…) intersecato dall’orbita di una sonda.

 
 

 
 

Vediamo come intersecando il fronte d’onda in AB e CD, la sonda invierebbe a terra dei dati completamente diversi da quelli riscontrati nel tratto BC, cosa che in effetti è puntualmente successa prima con la sonda Pioneer e più recentemente con la Voyager.

A questo punto mi chiesi appunto se anche la gravitazione non fosse un fenomeno di natura ondulatoria e non ricadesse a pieno titolo nell’ottica della meccanica quantistica. Di conseguenza il famoso disegnino che vi ho presentato all’inizio si sarebbe dovuto così rivedere:

 
 

 
 

In pratica si passava da un assetto geometrico statico-baricentrico ad un assetto dinamico-eccentrico, in cui campi sferici si sovrapponevano e susseguivano secondo un andamento a spirale, con pulsazioni e fronti d’onda di cui nell’immagine si percepisce l’influenza.

Veniva inoltre annullata la dicotomia tra un influsso gravitazionale di natura sferica (simile alla sorgente puntiforme di maxwelliana memoria) ed un campo magnetico che era sempre rappresentato in forma toroidale.

In questa immagine potete vedere come i campi sferici appaiano in prospettiva polare (in wireframe è rappresentato l’ipotetico corpo celeste):

 
 

 
 

E in quest’altra tavola in prospettiva equatoriale potete verificare come gli stessi campi appaiano identici alla strutturazione della magnetosfera presentata in tutti i libri scolastici:

 
 

 
 

Questa interpretazione a spirale sarebbe inoltre molto più compatibile di quella toroidale con le interazioni particellari, quali quelle neutriniche rilevabili nelle camere a bolle:

 
 

 
 

Da queste considerazioni nascevano poi innumerevoli conseguenze, di cui una delle principali era la sostituzione del concetto di “carica” con quello di “campo”, da cui poi prendevo spunto (era una tesi di architettura) per la progettazione della “casa perfetta”, la cui geometria era dettata dalle interazioni gerarchiche degli effetti di campo ambientali con quelli psichico-prossemici. In poche parole la mia idea era che fosse molto diversa la percezione di un ambiente riparato in presenza di situazioni ambientali differenti, per cui solo avvicinandoci quanto più possibile all’intima struttura della materia avremmo potuto assecondarne le linee di forza a nostro uso e consumo.

Il giudizio in ambito universitario fu “Sono sicuramente tutte balle, ma molto affascinanti” (tipico ragionamento da architetti) e tutto finì lì. Il mio lavoro fu molto apprezzato a livello estetico, ma alcune apparenti falle lo fecero cadere nel dimenticatoio. I campi ondulatori presupponevano un mezzo di propagazione che nei fatti non c’era, visto che l’”etere” era ormai morto e sepolto, la costante cosmologica di Einstein era stata ripudiata da lui stesso e la dimensione brana dell’M-teoria non esisteva ancora. Il “gravitone”, pur se identificato col fotone, era nel mio lavoro più un’entità geometrica che fisica, insomma non era una cosa seria.

Preso atto della mia pochezza, non sono più tornato sull’argomento finché non si sono verificate le coincidenze di cui vi parlavo. La prima e più significativa è che a mia totale insaputa qualcuno aveva raggiunto le stesse mie conclusioni, ma molto prima di me e soprattutto in modo assai più rigoroso e approfondito, addirittura in alcuni dettagli secondari quali l’interpretazione delle anomalie magnetiche della Pioneer. Nonostante sia stato un duro colpo per la mia autostima, invito al riguardo i lettori interessati a leggersi attentamente il trattato di fisica unigravitazionale del Prof. Renato Palmieri: http://xoomer.virgilio.it/repalmie/

La seconda coincidenza è che ultimamente i propugnatori (dell’ultima ora) di teorie similari sono aumentati in progressione geometrica. La terza è che l’esame delle configurazioni biologiche extraterrestri, cioè di quelle che ho definito “rete sinaptica”, fornisce un’impressionante correlazione tra i fenomeni che ho descritto e questi presunti organismi, tanto da farmi prendere in considerazione la possibile esistenza di un nesso di causalità.

In altri termini, le forme biologiche sinaptiche si strutturano lungo le linee di forza solo con modalità meccanicistiche, oppure, come pare, in certi casi le “piegano” ai propri scopi? Cerchiamo di non scivolare nel metafisico e restiamo ai fatti. Vi avevo detto all’inizio che molte foto in circolazione sono sottovalutate, per cui cambio argomento e ve ne presento qualcuna.

 

MA DI CHE MARTE STIAMO PARLANDO?


Gli astrofili sanno che Marte presenta una differenza tra i suoi due emisferi, che è stata da sempre attribuita ad una differente età geologica. Quello che non tutti sanno, per colpa delle tinte rossastre delle immagini divulgate, è che questa differenza è ben più marcata di quanto si pensi, tanto da far quasi assomigliare Marte a Giapeto, come appare da questa foto dell’osservatorio nipponico Subaru:

 
 

 
 

L’immagine è confermata da quest’altra di Hubble:

 
 

 
 

Noterete come queste immagini (il Polo Sud è in alto nella foto) presentino delle geometrie geodetiche e tubolari gigantesche, addirittura più evidenti delle formazioni di Tharsis e dello stesso Olympus, non certo attribuibili a semplici effetti di distorsione ottica.

Queste immagini “drammatiche” di Marte sono poi largamente confermate dalle foto delle sonde orbitali, una volta depurate del colore che normalmente viene artificiosamente esaltato per dare un’idea di uniformità.

Possiamo al riguardo osservare un’altra foto del pianeta, diffusa dall’USGS

 

 
 

 
 

Volendo fare dello spirito, potrei dire che siamo in presenza della tipica morfologia “a mela marcia”. Anche cercando di essere obiettivi, dovremmo concludere che l’orbita di Odyssey è stata calcolata molto bene, visto che è riuscita a non intersecare mai nulla di simile.

In termini ipotetici mi sentirei quantomeno in dovere di verificare se non si sia in presenza di una stratificazione biogenica di dimensioni planetarie, visto che dalle ultime ricerche effettuate in Università USA appare che formazioni di questa entità non possano trovare spiegazioni in “pennacchi” vulcanici o altri fenomeni geologici conosciuti, compresa la baggianata dei crateri da impatto.

Richiamandoci poi alla fisica unigravitazionale e in parte ad alcune considerazioni che avevo espresso nel mio articolo Coincidenze, è utile dare un’occhiata un po’ più attenta alla seguente foto di Marte, apparsa a più riprese in siti specializzati
 
 

 
 

Prendiamo in esame un ingrandimento a forte contrasto della formazione visibile al centro

 
 

 
 

Anche sorvolando sulla struttura al centro della spirale (altro che Cydonia…), si vedono chiaramente le enormi formazioni tubolari ortogonali alle tangenti della spirale stessa.

Si potrebbe pensare ad abnormi effetti di condensazione atmosferica in quota, però in questo caso si ha più che altro l’impressione della compresenza di un vero e proprio vortice orogenetico. Ma esiste qualche altra situazione cui fare riferimento per un ipotetico confronto?

Per dirla con Sagan, ci viene in aiuto la planetologia comparata.

 

I CROSS-TUBES DI TITANO

 

Chi ha letto i miei articoli precedenti sa che non credo ai crateri da impatto e che anzi li attribuisco a formazioni biogeniche tubolari. Niente di nuovo sotto il sole, lo aveva detto Keplero molto prima di me, ma l’ipotesi era stata abbandonata perché avrebbe richiesto un impiego di energia smisurato.

Invece pare che la rete sinaptica questa energia la possa reperire, almeno dando credito a questa immagine radar di Titano
 
 

 
 

Nell’ingrandimento potete vedere una delle consuete formazioni sinaptiche linear-radiali o, se preferite, a “spaghetti e maccheroni”, mentre al centro della foto in alto si vede come le gigantesche strutture tubolari si dispongano ortogonalmente rispetto alla sagoma discoidale del presunto cratere in formazione, abbastanza ben visibile nella foto.

Le formazioni a tubi incrociati sono reperibili in tutte le foto delle varie sonde NASA, anche se talora occultate, ma in questo caso sono ben evidenti e possono chiarire molti aspetti delle “vere” superfici dei vari corpi del sistema solare:

 
 

 
 

Riprenderemo questi argomenti in futuro. Per ora, visto che ho accennato a Giapeto, chiuderei con un dettaglio della sua superficie, in cui si può apprezzare ancora una volta la vena artistica della rete sinaptica, che su questo satellite di Saturno appare orientata ad esprimersi con modalità a dir poco originali.

 
 

 
 

 

 

Alessio Feltri

 

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