Home Page L'Occhio di Deimos    Home Page Space Freedom     Avventura marziana    Contatta Alessio Feltri

 

IL PIANETA VIRTUALE

 

 di Alessio Feltri

 

A distanza di circa anno dal mio primo articolo su Space Freedom, ritorno sul tema marziano con l’obbiettivo di chiarire definitivamente con i lettori una questione fondamentale: qualora fosse dimostrato inequivocabilmente che anche una sola delle foto ufficiali delle missioni NASA sia stata falsificata, allora sarebbe del tutto inattendibile qualsiasi dato proveniente dalla medesima fonte.

Visto che il problema da risolvere non è di intelligenza, ma di “intelligence”, non ci resta che trasformarci in una schiera di implacabili 007 e verificare se in un caso specifico, per esempio la missione del rover Opportunity su Marte, i comunicati ufficiali corrispondano o meno alla realtà.


Tanto per non disperdere le forze, osserviamo il luogo più significativo incontrato dal rover in Meridiani Planum e cioè il cratere Endurance.

 

 

Nell’immagine, in alto si vede una panoramica ufficiale di Endurance ripresa dalla zona prescelta per l’ingresso del rover nel cratere. In basso ho riportato degli ingrandimenti dei punti più significativi, utilizzando la nomenclatura NASA.


Il diametro del cratere è di 132 metri, per una profondità di circa 25/30 metri, con dimensioni assimilabili a quelle di uno stadio calcistico. Il primo controllo da effettuare è verificare se queste immagini trovino riscontro nelle foto orbitali, riprese dalle sonde Mars Global Surveyor e Odyssey, e in quelle utilizzate dalla NASA per evidenziare il percorso del rover

 

 

Un primo dato sconcertante è che nessuna delle 3 foto prese ad esempio è coerente con le altre e per vederlo non c’è davvero bisogno di indagini molto sofisticate. La A e la B dovrebbero essere uguali, in quanto provenienti dallo stesso mosaico di immagini a 360° ripreso dal rover al momento dell’arrivo sul bordo di Endurance, e invece non sono uguali per niente, visto che tutti i dettagli perimetrali della foto B risultano volutamente offuscati, contrariamente ai centrali, forse perché ritenuti meno significativi. La differenza è addirittura macroscopica in C, visto che in questa foto orbitale si vede benissimo che il fondo del cratere non è coperto dalle romantiche sinuose “dunette” prospettateci dalla NASA e che sulla parete Nord, a fianco della caverna “Namib” svetta una sorta di sperone orizzontale

 

 

apparentemente quasi sospeso nel vuoto, della lunghezza di circa 20 metri, come meglio rilevabile da questa elaborazione 3D della stessa immagine, in cui le altezze sono state esasperate per evidenziare meglio la sovrapposizione dei piani. Il tutto naturalmente senza parlare delle molteplici propaggini chiare lungo il pendio, anch’esse rigorosamente aggettanti. Comunque, non fidiamoci della prima impressione e mettiamo a confronto la  foto planimetrica A con il prospetto panoramico che abbiamo esaminato inizialmente. La lunga formazione granulare perfettamente rettilinea, che incrocia “Larry’s Leap”, nel prospetto non c’è proprio, lo sperone che si dovrebbe vedere presso “Namib” è pure sparito, le intricate forme dendritiche sul fondo del cratere si sono trasformate in un campo regolare di dune che, chissà perché, non si ritrova con questa morfologia in nessun altro punto del pianeta, ma soprattutto si vede chiaramente che “Kalahari” non è più la parte terminale di un grande canale orizzontale tubolare semidiroccato del diametro di diversi metri, intersecato da una fitta rete di formazioni cilindriche verticali e trasversali. A questo punto per qualunque persona sana di mente dovrebbe essere chiaro che “c’è sotto qualcosa”, ma non accontentiamoci e cerchiamo di arrivare ad una prova definitiva della mistificazione, naturalmente dopo aver assimilato bene il contenuto delle immagini che abbiamo preso in esame fino a questo momento

 

 

 

Assodato che esiste un forte indizio di falsificazione, come facciamo a stabilire, in caso di differenza tra due immagini, quale sia quella meno taroccata? C’è un criterio infallibile: in quella fasulla non c’è mai niente di interessante… Nella foto precedente vediamo evidenziata (in rosso) la traccia del percorso del rover da

 

 

Sol92 a Sol320. Per provare la totale falsificazione delle immagini è sufficiente metterne a confronto due qualsiasi, per esempio iniziando da questa foto 3D di “Karatepe” ripresa in Sol101, incentrata sull’area confinante con il percorso che avrebbe poi seguito il rover per inoltrarsi nel cratere.


Tutto normale? Mica tanto. Basta usare i filtri del rover per averne una versione 3D in falsi colori e ingrandire i dettagli per avere un quadro più chiaro dell’area ripresa.

 

 

 

 

In A è visibile una curiosa forma discoidale (molto simile all’iconografia UFO degli anni ’50) che ho scherzosamente accomunato al famoso manifesto appeso sopra la scrivania di Fox Mulder.

In B si vede, alla base della piccola “caverna” posta di fronte all’area circolare disegnata sul pendio, una specie di propaggine tubolare a raggi ritorti.

In C si nota come i grandi lastroni sovrapposti e inclinati lungo il fianco del cratere nascondano dei veri e propri canali, in parte diroccati, di presumibile natura biogenica, vista la regolarità della fitta merlettatura spiraliforme della loro superficie.

In D c’è invece una delle solite curiose “bio-torrette periscopiche” marziane, composte da strutture piramidali posizionate di fronte a canali cilindrici emergenti obliquamente dal terreno (in basso a sinistra nella foto) per lo più accompagnati da doppi anelli di sferoidi in apparente movimento vorticoso (indispensabili gli occhialini a lenti colorate).

Quello che ora bisogna evidentemente stabilire è se questa immagine sia almeno in parte credibile e soprattutto se i dettagli presenti in questa foto (sub-frame Pancam probabilmente sfuggito casualmente alla solita censura) abbiano o meno riscontro in altre immagini della stessa area.

Dalla planimetria che abbiamo visto prima, possiamo ricavare che tra Sol255 e Sol295 il rover era proprio sotto la caverna, per cui dovremmo teoricamente riuscire a vedere più da vicino la propaggine in “B”, trovando una ripresa dello stesso punto da un’altra angolazione, questa volta dal basso anziché dall’alto.

Ci viene in soccorso una sequenza di Sol269, che riprende esattamente la stessa caverna che ci interessa e per di più a breve distanza

 

 


In questo confronto 3D tra le due immagini, ho collegato con delle linee gialle alcuni punti omologhi, contemporaneamente presenti in ambedue le foto, al fine di rendere più agevole l’orientamento ai non addetti ai lavori.

Come si vede, la propaggine tubolare identificata dal cerchietto giallo nella foto di Sol101 ha il suo corrispettivo in un…bel niente nella foto di Sol269.

Attenzione! Questa immagine da sola è la prova definitiva e inoppugnabile dell’inganno.

Il motivo è semplicissimo: visto che l’intera immagine di Sol269 appare “schiacciata” su se stessa (tutto si è trasformato in lastre piatte) e che non pare molto plausibile che la superficie marziana si sgonfi a comando, l’unica spiegazione razionale per questo stato di cose è che l’immagine non sia una foto, bensì un rendering del modello virtuale del cratere, sottoposto a deformazione dei vertici per rendere inidentificabili i dettagli.

La tecnologia impiegata è relativamente semplice. Normalmente il rover per muoversi sul terreno accidentato acquisisce quasi in tempo reale le coordinate del terreno circostante, ivi comprese quelle di elevazione, in modo che il manovratore sulla Terra possa agire sui comandi con una metodologia assimilabile a quella in uso sui simulatori di volo.


Nell’immagine seguente si vede una rappresentazione di questa tecnica, prelevata da un articolo ufficiale proposto su Internet da uno dei  team responsabili di queste simulazioni

 

 

 

Una volta acquisite le coordinate spaziali e ricostruito il modello virtuale al computer, diventa un gioco da ragazzi deformarlo, spianarlo e privarlo di tutti gli elementi top-secret. Quello che semmai mi stupisce è che nessuno se ne sia accorto, anche se per la verità non ho mai visto nei cosiddetti giornalisti scientifici una gran propensione a schierarsi contro l’establishment, visto che spesso è direttamente responsabile dell’entità del loro stipendio. 

Qualcuno potrebbe pensare che in fondo la NASA non aveva nessun obbligo esplicito di fornire foto reali invece che ricostruzioni virtuali, ma purtroppo anche questa obiezione non ha fondamento. Il fatto è che le immagini RAW (cioè “nude e crude”) in arrivo da Marte vengono presentate al pubblico compresse e accompagnate da un codice alfanumerico che ne identifica le coordinate spaziotemporali, i filtri impiegati, il tipo di fotocamera ecc., per cui se la NASA sostituisce una foto reale con una virtuale e poi la gabella ufficialmente per buona, non può farlo se non attraverso una deliberata operazione di disinformazione, mascherata da un’apparente “democraticità” nello spandere materiale (inutile) a destra e a manca.

In questa immagine potete osservare un esempio degli astrusi  codici delle foto dei rovers, mentre per i più esigenti segnalo un indirizzo in cui le spiegazioni sono più dettagliate:

http://marsrovers.jpl.nasa.gov/gallery/edr_filename_key.html

 

 

 

Ricordo per l’ennesima volta che non si sarebbe potuta tenere in piedi questa pantomima per decine di anni senza la connivenza degli scienziati e dei servizi segreti dei maggiori paesi industrializzati, per cui non è solo con gli USA che dovremmo prendercela, quanto forse con una perversa rete tecnocratica internazionale Spectre-like, inverosimile a livello teorico ma evidentemente alquanto “presente” sul piano pratico. 

 

Se poi qualcun altro pensasse che quanto abbiamo visto per Karatepe sia un caso isolato, diamo un’occhiata a queste altrettanto poco edificanti foto 3D delle Burns Cliff.

 

 

 

Le foto di Sol93 e Sol97, riprese da molto lontano e quindi con tutta probabilità solo parzialmente censurate, sono sostanzialmente coincidenti, mentre la foto ravvicinata di Sol296 è il solito rendering del modello 3D di Endurance, in cui infatti tutti i dettagli risultano innaturalmente appiattiti. La freccia gialla indica una delle consuete “bio-torrette” marziane (nomenclatura GCC nel mio articolo Star Trash) e si vede molto bene come nella foto taroccata lo schiacciamento generale del modello abbia finito per trasformarla in una specie di poltiglia indefinibile.

Per gli amanti dell’horror sarà un vero sollazzo ingrandire l’immagine di Sol97. Per tutti gli altri permarrà purtroppo l’ovvio imbarazzo di aver dato credito a quella di Sol296.

Il fatto che sia praticamente indispensabile l’utilizzo degli occhiali 3D ha limitato molto la possibilità della gente di percepire l’inganno, ma, conoscendo il metodo di indagine, è in realtà facilissimo trovare delle conferme.

Il metodo corretto consta essenzialmente di alcuni punti fondamentali e irrinunciabili:

1)     Discutere un’immagine dei rovers solo dopo aver individuato su una planimetria dell’area le posizioni relative di soggetto e fotocamera

2)     Ricostruire la sequenza di eventi anteriore e successiva alla foto esaminata

3)     Cercare di reperire tutte le foto in cui è presente il soggetto, scartando completamente quelle più recenti provenienti dalle Pancam ,cioè tutte quelle a colori o comunque quelle la cui sigla inizia con 1P o 2P, in quanto la missione ha assegnato proprio alle Pancam la ricostruzione virtuale del terreno e ultimamente solo quest’ultima è stata fotografata

4)     Scartare le foto taroccate con metodologie di falsificazione o altri metodi di occultamento

5)     Individuare altri soggetti uguali o simili a quello in esame, ma ripresi in tempi e luoghi diversi dalle Navcam e Hazcam.

Per ovvi motivi questo significa che per l’utente normale è praticamente impossibile avanzare teorie plausibili su alcunché, visto che per l’analisi di una sola immagine servirebbe una relazione di non meno di 10 pagine. Per ragioni di spazio non posso (almeno in questa occasione) darvene un esempio, per cui mi limiterò a mostrarvi un’altra situazione in cui la ricostruzione virtuale è stata impiegata per confondere le acque.

 

 

In questa immagine 3D Navcam di Spirit (Sol239) avevo evidenziato due particolari interessanti in A e B, riservandomi di confrontare quella specie di “collare” presente in A con strutture simili riscontrate in passato (sotto la nomenclatura TVS in Star Trash)

 

 

L’aspetto divertente è che due giorni dopo (Sol241) la stessa struttura, nella ricostruzione virtuale della Pancam, era diventata quella che potete vedere in questa immagine 3D, che per i possessori di occhialini tridimensionali non ha bisogno di ulteriori commenti.

 

 

 

L’unica cosa che mi sento di aggiungere è che i bamboccioni della NASA sono diventati così bravi a “pietrificare”

tutto quanto che adesso riescono a farlo anche con noi.

ALESSIO FELTRI

 

 

Margherita Campaniolo

Web Master di

Tutto il materiale di questo sito è © di Margherita Campaniolo

 Vietata la riproduzione senza autorizzazione della stessa.