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Un Messenger per Mercurio

 

I POCHI DATI DI CUI DISPONIAMO SONO VECCHI DI 30 ANNI E SI RIFERISCONO A MENO DELLA META’ DELLA SUPERFICIE. MA LA NUOVA SONDA ENTRERA’ NELL’ORBITA SOLTANTO FRA CIRCA 7 ANNI, SFRUTTANDO IL COSIDDETTO «EFFETTO FIONDA» DI VENERE, TERRA E MERCURIO STESSO


I POCHI DATI DI CUI DISPONIAMO SONO VECCHI DI 30 ANNI E SI RIFERISCONO A MENO DELLA META’ DELLA SUPERFICIE. MA LA NUOVA SONDA ENTRERA’ NELL’ORBITA SOLTANTO FRA CIRCA 7 ANNI, SFRUTTANDO IL COSIDDETTO «EFFETTO FIONDA» DI VENERE, TERRA E MERCURIO STESSO


UNA sonda spaziale chiamata «Messenger» partirà il 30 luglio o poco dopo verso il pianeta Mercurio. Sono trascorsi più di trent’anni da quando, il 24 marzo 1974, la sonda «Mariner 10» sorvolò per la prima volta Mercurio, il più vicino al Sole dei nove pianeti maggiori del Sistema Solare. Nei dodici mesi successivi «Mariner 10» effettuò altri due fly-by, nel corso dei quali furono riprese le ancora uniche immagini ottenute a distanza ravvicinata dal pianeta. Queste coprono poco meno della metà della sua superficie e mostrano un terreno tormentato da migliaia di crateri da impatto. Buona parte della superficie di Mercurio è quindi ancora inesplorata e i pochi dati di cui disponiamo sono vecchi di trent’anni. Da allora, infatti, nessuna altra missione spaziale ha visitato il pianeta, che nasconde ancora molti misteri. Mercurio, con un diametro di poco inferiore ai 5.000 chilometri, come dimensioni (dopo Plutone) è il secondo più piccolo pianeta del Sistema Solare e, analogamente a Venere, non possiede satelliti naturali. Mercurio è anche un mondo di estremi. Fra tutti gli oggetti che si sono condensati dalla nebulosa protoplanetaria circa 4,5 miliardi di anni fa, è quello che si è formato alle temperature più elevate. Unico caso tra i pianeti del sistema solare, l’intervallo tra due passaggi consecutivi del Sole al meridiano di un punto della sua superficie (giorno solare) è pari a circa 176 giorni terrestri, un periodo di tempo doppio rispetto all’anno mercuriano. La differenza di temperatura, di oltre 600 °C, esistente tra la faccia esposta al Sole (+450 °C) e quella al buio (-180 °C), rappresenta un altro record tra tutti i pianeti e satelliti del nostro sistema planetario. Mercurio è un mondo arido, privo di atmosfera e ricoperto da innumerevoli crateri da impatto, tra i quali il bacino Caloris, con i suoi 1.350 chilometri di diametro, è quello di maggiori dimensioni tra quelli osservati dalla sonda «Mariner 10». La vicinanza al Sole rende difficile l'osservazione di questo pianeta dalla Terra. Infatti, Mercurio appare sempre immerso nella luce solare o crepuscolare, per cui è soltanto visibile quando il Sole è appena sotto l'orizzonte, immediatamente prima dell'alba e poco dopo il tramonto. Molti aspetti di questo pianeta, come la sua origine ed evoluzione, il peculiare campo magnetico, l'atmosfera estremamente rarefatta, il nucleo probabilmente liquido e alcune particolari morfologie della sua superficie, rimangono ancora oscuri. Queste caratteristiche estreme rendono Mercurio un oggetto estremamente interessante, oltre ad opporre degli ostacoli particolarmente difficili all'esplorazione scientifica, sia da terra sia per mezzo di sonde spaziali. Tanto che, pur essendo - dopo la Luna, Marte e Venere - uno dei corpi celesti più vicini alla Terra, Mercurio è il pianeta di cui sappiamo meno, a parte il remoto Plutone. Adesso, dopo questo lungo intervallo di tempo, è pronta sulla rampa di lancio di Cape Canaveral la sonda «Messenger» (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging) della NASA, il cui decollo è previsto a partire dal prossimo 30 luglio, data in cui si apre una finestra di lancio di 15 giorni. Ma prima di rivedere da vicino Mercurio dovremo pazientare ancora alcuni anni. La sonda, infatti, prima di entrare in orbita attorno al pianeta, dovrà viaggiare per poco meno di 7 anni, un periodo lunghissimo se paragonato ai 6 mesi necessari per raggiungere Marte, il quale dista dalla Terra soltanto 14 milioni di chilometri in meno. Ciò è dovuto al fatto che, per poter essere catturata dal campo gravitazionale di Mercurio, «Messenger» dovrà raggiungere la velocità orbitale del pianeta (circa 50 km/s), che è di circa 20 km/s superiore a quella del nostro pianeta. Per far ciò, seguendo una traiettoria diretta, sarebbe necessaria una quantità di propellente enorme, per cui la sonda guadagnerà la velocità necessaria transitando a breve distanza dalla Terra, da Venere e da Mercurio stesso. Si tratta dell'ormai famoso "effetto fionda", detto anche «gravity assist», un espediente grazie al quale un'infinitesima parte dell'enorme momento angolare (energia di rotazione) dei pianeti viene trasferita alla sonda; per ottenere ciò è necessario che questa sorvoli il pianeta a quote relativamente basse, in modo da essere attratta dalla forza di gravità ed aggiungere alla sua velocità angolare parte di quella relativa alla rivoluzione del pianeta attorno al Sole. Un anno dopo il lancio «Messenger» sorvolerà la Terra, poi per due volte Venere e infine per tre volte Mercurio. Durante questi ultimi fly-by, che saranno effettuati nel gennaio e ottobre 2008 e nel settembre 2009, i suoi strumenti effettueranno la ripresa fotografica di quasi tutta la superficie del pianeta, determineranno la sua composizione e studieranno la tenuissima atmosfera e il campo magnetico. Saranno i primi dati di Mercurio ottenuti da una sonda spaziale dopo 34 anni. Infine nel marzo 2011 «Messenger» entrerà in un orbita fortemente ellittica (200 chilometri la minima distanza dalla superficie, oltre 15.000 la massima) attorno al pianeta e per almeno un anno lo studierà in maniera dettagliata. La progettazione della sonda ha rappresentato una tremenda sfida tecnologica, in quanto si è dovuto ridurre al minimo il suo peso, mentre gli strumenti e gli apparati di bordo sono stati realizzati in modo da poter operare per lungo tempo alle elevatissime temperature presenti alla distanza dal Sole a cui orbita Mercurio (circa 58 milioni di chilometri, rispetto ai 150 milioni a cui si trova il nostro pianeta). E’ una sfida che tutti ci auguriamo abbia il successo della missione «Cassini-Huygens», che, giunta felicemente a destinazione, da alcune settimane ci sta inviando stupende immagini di Saturno, dei suoi satelliti e degli anelli. [TSCOPY](*)INAF - Osservatorio Astronomico di Torino

Mario Di Martino (*)
http://www.lastampa.it/_settimanali/tst/estrattore/tutto_scienze/art10.asp

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