«Ecco i canali di Titano, sembrano fiumi e laghi»

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La sonda europea trasmette immagini straordinarie dalla luna di Saturno. Gli esperti: «È un pianeta vivo»

 
 
 
DARMSTADT (Germania) - «Titano ha il suo primo visitatore terrestre e mostra un volto inaspettato». Jean-Jaques Dordain, direttore dell’agenzia spaziale europea Esa, sorride nell’annunciare lo sbarco della capsula Huygens sulla luna più misteriosa del sistema solare intorno a Saturno. Le prime immagini arrivate in serata al centro di controllo di Darmstadt - trasmesse da 16 chilometri di altezza e poi dal suolo - sono impressionanti e per alcuni scienziati contraddittorie. «Il suo volto è rugoso, solcato da tracce simili a canali che per il momento non possiamo decifrare con esattezza», ha commentato Marty Tomasko dell’università dell’Arizona (Usa), responsabile dell’elaborazione dei fotogrammi titaniani. Le foto mostrano un «pianeta vivo», con solchi che sembrano tagliati dallo scorrere di liquidi, come abbiamo scoperto su Marte. Un’altra fotografia mostra un panorama ricco di pietre, che assomiglia in modo straordinario ai primi piani arrivati nei mesi scorsi dal Pianeta rosso. Mentre per le valutazioni più precise si dovrà aspettare qualche giorno, alcuni scienziati ipotizzano che le riprese registrino la presenza di laghi ghiacciati di metano e fiumi di liquidi che ne segnano gli orizzonti vuoti. Tutte condizioni peraltro già preventivate, tanto che la capsula era stata progettata per poter sopravvivere in caso di ammaraggio.
Titano è simile alla Terra nelle sue origini e quindi mostra le condizioni ideali per la nascita della vita. Proprio per indagare questo enigma è stata concepita l’ambiziosa spedizione, in collaborazione tra Nasa, Esa europea e Asi italiana. Ma si è andati oltre le più ottimistiche previsioni. Tutti ritenevano che il piccolo robot, delle dimensioni di un’utilitaria e simile a un disco volante, se fosse stato in grado di resistere all’impatto con la superficie, avrebbe potuto sopravvivere tre minuti; solo i più ottimisti parlavano di un quarto d’ora. Invece, dopo due ore Huygens faceva sentire ancora la sua voce, poi svanita solo perché la luna era tramontata dietro il grande pianeta inanellato. Allora è stata una corsa tra i radiotelescopi nei 5 continenti per continuare a raccogliere il suo segnale, giunto sulla Terra per almeno altri 60 minuti. «Un risultato incredibile», commenta Alphonso Diaz, amministratore per la scienza alla Nasa.
Huygens aveva viaggiato ibernata per 7 anni aggrappata alla sonda madre americana Cassini, giunta in orbita nel luglio scorso. Il giorno di Natale si era staccata volando come un proiettile verso Titano. Ieri mattina il risveglio, per poi tuffarsi alle 10.07 nell’atmosfera, alla velocità di 22 mila chilometri orari. In tre minuti ha ridotto la sua corsa a 1.400 chilometri orari, mentre il suo scudo si arrostiva a quasi duemila gradi, proteggendo i sistemi elettronici. Accompagnata da tre paracadute, la sonda è scesa a compiere la sua missione: indagare l’atmosfera che cela la superficie di Titano. «All’atterraggio il nostro compito era finito, e invece c’è stata una meravigliosa sorpresa», spiega Claudio Sollazzo, direttore delle operazioni di sbarco al centro di controllo europeo di Darmstadt, vicino a Francoforte. Sollazzo, 51 anni, astrofisico napoletano, è entrato a metà degli anni ’80 in Esa e da 14 anni ha legato la sua esistenza alla capsula Huygens. «Nel 2000 ci accorgemmo di un guaio serio che poteva impedire il dialogo tra capsula e sonda madre durante la discesa su Titano - racconta -. Trovammo una soluzione elegante e indolore modificando la traiettoria di Cassini perché tutto nasceva da una errata combinazione tra velocità e posizione dei due veicoli».
Anche se il veicolo robotizzato ha effettuato in modo automatico le operazioni di sbarco (governate da un computer costruito a Milano da Laben-Alenia Spazio) tra la mattinata e il primo pomeriggio, solo alle 17.20 di ieri sono giunti a Darmstadt, dalla stazione australiana di Canberra, i primi dati e la conferma che tutto era andato per il meglio. Un composto applauso degli scienziati ha salutato l’evento, «storico per l’astronomia e l’esplorazione interplanetaria: Titano è ora il luogo celeste più remoto sul quale sia sbarcato un oggetto costruito dall’uomo», notava Jean-Pierre Lebreton, responsabile della missione. Titano è lontano da noi 1,2 miliardi di chilometri e i segnali richiedono 67 minuti per compiere la traversata. «Ci siamo resi conto che un canale della trasmittente di Huygens non aveva funzionato - precisa Sollazzo -, ma essendo i sistemi di bordo tutti raddoppiati per sicurezza, il secondo ha funzionato perfettamente».
Ora la parola passa ai ricercatori. I sei strumenti di Huygens hanno lavorato al meglio, inviando dati per 4 ore e mezza. Il primo a entrare in funzione, e il più importante (nato sotto la guida di Marcello Fulchignoni dell’università di Parigi, realizzato in parte in Italia dall’ateneo di Padova e dalla Galileo di Firenze), ha analizzato l’atmosfera. Ora grazie a Titano, un inferno gelido con temperature a 180 gradi sotto zero e piogge e laghi di metano liquido, qualche mistero sulla nascita della vita potrebbe sciogliersi.
 
 
   

Data: 15/01/2005

Autore: DAL NOSTRO INVIATO

Fonte: Corriere della Sera

Link: http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=INTERNI&doc=SONDA

 
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