"Il più bello dei cerchi nel grano"

di M. Campaniolo e R. Malini

Grande stagione, questa del 2003, per i crop circle! Il solo mese di Giugno vede un numero considerevole di pittogrammi un po’ ovunque; fino ad oggi 16 le formazioni inglesi, 13 quelle tedesche, dieci le italiane e via così dappertutto, un numero che pare destinato a crescere in questi "scampoli" di mese.

E’ tutta una sfilata di crop che fa bella mostra di se nei siti web che di queste immagini fanno la loro "punta di diamante". Ciascun sito ha i suoi fotografi, le sue squadre di rilevazione dati e i proprio diritti su tutto ciò. Presto, molto presto, queste immagini andranno ad arricchire anonime magliette, tazze, penne, calendari, libri; tutto finirà nelle case dei cultori del fenomeno crop circle che, in qualsiasi momento dell’anno, a stagione finita e in tempi di "riposo vegetativo", volgeranno lo sguardo a queste per godere ancora un attimo di effimera estate, un attimo di sogno e un po’ come accade per i calendari che adornano le cabine dei camionisti o gli armadietti dei militari, saranno le immagini di perfetta e conturbante bellezza quelle che avranno una grande presa sul pubblico.

I crop circles sono però sempre così perfetti, a prova di chirurgo plastico? Diremmo assolutamente no. Centinaia gli esempi che potremmo fare ma, per essere agganciati alla stretta attualità, basta rivolgere uno sguardo ai crop di quest’anno.

Inizia la sfilata prima e dopo il trucco il primo sarà "all'acqua e sapone", seguirà il rifatto:

http://home.clara.net/lucypringle/photos/2003/uk03ar.html

http://www.cropcircleconnector.com/2003/milkhill/milkhill2003a.html

Ah! colpo al cuore? Ma no, restiamo imperturbabili!

Di fatto la nostra imperturbabilità è solo apparente e il tonfo al cuore lo abbiamo sentito realmente!

Basta, ci fermiamo qui, una "signora crop" marita maggior rispetto! Si trucchi pure e ci faccia sognare! E poi, pensandoci meglio, che bisogno ha, chi è bello di natura, degli artifici del make-up?

Eppure i crop così presentati perderebbero molto del loro mistero, nessuno comprerebbe una maglietta con un’immagine simile ed il calendario non lo esporrebbe nemmeno la Coldiretti.

Realisticamente i crop sono comunque tutto ciò, immagini tutt’altro che "perfette" e questo è un aspetto della vicenda non sempre chiara al pubblico che, nel guardare le immagini dei pittogrammi che gli vengono proposte, non si accorge come il restauro fotografico sia purtroppo consuetudine.

E’ una delle poche cose che rimproveriamo ai circlemakers, perché somiglia tanto ad una mistificazione anche se la maggior responsabilità di questo è da attribuire ai fotografi, agli editori, ai dirigenti delle aziende produttive dei gadget che hanno ben chiaro come non sia una politica redditizia la presentazione del fenomeno in forma "nature".

lo scorso anno, quando parlammo con il grande Sorensen, uno dei maggiori esperti nonché validissimo fotografo di crop circle inglese, gli chiedemmo (tra le altre cose) se lui sentisse di "mentire", in un certo senso, agli utenti, dando un'immagine non rispondente alla realtà dei fatti, se avvertisse un senso di responsabilità nella presentazione del fenomeno.

Lui all'inizio si alterò un po', poi comprendendo le ragioni della nostra domanda ci rispose di non sentirsi un mistificatore: "Io so che i crop sono di natura umana e non aliena; prima non riuscivo a capacitarmene, mi sembrava impossibile che un uomo potesse fare ciò; poi, frequentando l'ambiente dei circlemakers, ho capito molte cose; ho partecipato anche alla realizzazione di alcuni crop; adesso so che non è affatto difficile sapendo come fare. E' la gente che vuole vederci l'alienità, di questo non sono responsabile. Quindi, come artista anch'io ma nel campo fotografico, aiuto dei colleghi, aiuto l'arte dei crop a presentarsi al mondo così come il mondo li vuole".

Questo in sostanza cosa ci disse, più chiaro di così!

Chiedemmo inoltre ad un magistrato, da un punto di vista legale, se ci fosse in tutto ciò una forma di frode verso gli utenti, come accade per ciò che riguarda le etichette dei prodotti; il magistrato da noi consultato ci disse che, essendo i prodotti (editoriali e non) che accolgono tali immagini, relativi ad una nicchia di utenza o pubblicazioni che richiedono tali accorgimenti, in teoria non ci sarebbero motivi legali a cui appigliarsi ma che sarebbe più corretto, sotto ogni immagine, specie per i libri che intendono spiegare un fenomeno, riportare una dicitura in cui si dica "non fedele all'originale" o specificarne le modifiche.

Fra tutti i fotografi, a dire il vero, solo Sorensen mette nero su bianco tali indicazioni ma mai vengono poi ad essere riportate nei libri sui crop che ospitano le sue foto.

Capita inoltre, anche se meno soventemente, che un crop presenti delle incongruenze nella realizzazione, errori che, da soli, dovrebbero dirla lunga sulla loro reale natura; eppure, anche qui, si è tentato di aggirare il problema tendendo a vedere nell’incongruenza qualcosa di voluto, una ricercatezza, un significato nascosto che noi, poveri mortali, non riusciamo a cogliere. Un esempio?

 

Agroglifo inglese di Tan Hill, presso Stanton St Bernard, Wiltshire. Report
del 24th June: i circlemaker hanno lavorato basandosi su un disegno che
riporta un chiaro errore (il disegnatore si è dimenticato di riempire uno
dei settori grafici):
http://www.cropcircleconnector.com/2003/tanhill/tanhill2003a.html

In effetti, poi, l'errore è stato riportato anche nell'opera definitiva, sul campo, che appare "sbagliata" già a una prima occhiata:
http://home.clara.net/lucypringle/photos/2003/uk03ay.jpg

Ecco la difficoltà che gli artisti del grano devono superare sempre: mentre lavorano, non hanno la possibilità di controllare dall'alto la loro opera.
E' una cosa che è accaduta diverse volte, su crop di bellissima fattura aliena. Era successo anche per un crop dalla struttura molto complessa, uno di quelli che non ha mai meritato il bollino rosso di prodotto umano, ad Allington, nell’estate del 2000; il disegno presentava una "incongruenza". Quando Matthew Williams accettò la sfida della tv giapponese  Asahi, non solo riprodusse in poco tempo, al buio, e sotto gli occhi di tutti il pittogramma ma lo rese, stavolta, assolutamente perfetto, senza più incongruenze

http://www.margheritacampaniolo.it/cgsimmagine1.htm (qui l’intera vicenda).

D’altra parte crop circle complessi come quelli che si realizzano in Inghilterra sono sempre soggetti alla possibilità dell’errore umano e questo non sminuisce il lavoro degli artisti, alcuni dei quali sono giovanissimi. Solo per i cerchi più importanti (come quello di Ogbourne) vi è la supervisione di un maestro (come Matthew Williams, che tecnicamente è stratosferico).

In Italia i circlemakers lavorano su disegni assai più semplici e a loro sono concessi errori di ogni tipo, non essendo ancora in grado il pubblico di casa nostra di giudicare tecnicamente o artisticamente un’opera di EarthWork. Lo stesso vale per gli addetti ai lavori, a eccezione di 3/4 di essi. Discorso differente per Germania (e Svizzera), dove lo stile "primitivo" rappresenta una scelta di continuità con il lavoro di Doug Bower e Dave Chorley, i magnifici fondatori dell’arte del grano.

Il cerchio è un’opera d’arte godibilissima anche nelle sue incongruenze, nelle sue imperfezioni, nei suoi punti meno riusciti. Il fotoritocco lo rende più algido, simmetrico, "alieno" per un certo verso. Per ambire definitivamente allo status di "opera d’arte" ogni agroglifo dovrebbe, a nostro avviso, nascere sulla carta, ma terminare nel grano altrimenti perde la sua monumentalità e da EarthWork diventa Computer Graphic. Lo diremo a chi può mettersi una mano sul cuore.

Vorremmo comunque spingerci un po’ più in là e sollecitare il nostro PROSSIMO interlocutore a pretendere dai fotografi e dagli editori il rispetto dell’immagine originale di ciascuna opera, con tutte le sue imperfezioni ed incongruenze... Quindi, oltre a porgli le domande che ci incuriosiscono sul mondo dei crop circles vorremmo suggerirgli di adottare un’etica o di approntare (insieme agli altri maestri, teorici e critici) una specie di MANIFESTO del CIRCLEMAKING.

Margherita Campaniolo e Roberto Malini

   

 

Margherita Campaniolo

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