Cantico di Natale

A Christmas Carol

 Strofa Prima

Lo spettro di Marley

Marley, prima di tutto, era morto. Niente dubbio su questo. Il registro mortuario portava le firme del prete, del chierico, dell'appaltatore delle pompe funebri e della persona che aveva guidato il mortorio. Scrooge vi aveva apposto la sua: e il nome di Scrooge, su qualunque fogliaccio fosse scritto, valeva tant'oro. Il vecchio Marley era proprio morto per quanto è morto, come diciamo noi, un chiodo di porta.

Badiamo! non voglio mica dare ad intendere che io sappia molto bene che cosa ci sia di morto in un chiodo di porta. Per conto mio, sarei stato disposto a pensare che il pezzo più morto di tutta la ferrareccia fosse un chiodo di cataletto. Ma poiché la saggezza dei nostri nonni sfolgora nelle similitudini, non io vi toccherò con sacrilega mano; se no, il paese è bell'e ito. Lasciatemi dunque ripetere, solennemente, che Marley era morto com'è morto un chiodo di porta.

Sapeva Scrooge di questa morte? Beninteso. Come avrebbe fatto a non saperlo? Scrooge e il morto erano stati soci per non so quanti anni. Scrooge era il suo unico esecutore testamentario, unico amministratore, unico procuratore, unico legatario universale, unico amico, unico guidatore del mortorio. Anzi il nostro Scrooge, che per verità il triste evento non aveva fatto terribilmente spasimare, si mostrò sottile uomo d'affari il giorno stesso dei funerali e lo solennizzò con un negozio co' fiocchi.

Il ricordo dei funerali mi fa tornare al punto di partenza. Non c'è dunque dubbio che Marley era morto. Questo mettiamolo bene in sodo, se no niente di maraviglioso potrà scaturire dalla storia che son per narrarvi. Se non fossimo perfettamente convinti che il padre d'Amleto è morto prima che s'alzi il sipario, la sua passeggiatina notturna su pei bastioni al vento di levante non ci farebbe maggiore effetto della bisbetica passeggiata di un qualunque attempato galantuomo il quale se n'andasse di notte in un posto ventoso - il cimitero di San Paolo, poniamo - pel solo gusto di sbalordire la melensaggine del proprio figliuolo.

da A Christmas Carol di Charles Dickens traduzione di Federico Verdinois

Ricordare e proporre in questi giorni di festività un classico della letterature inglese (ormai entrato a far parte del patrimonio letterario mondiale) come "A Christmas Carol" di Charles Dickens e che diviene, a Natale, uno dei volumi che fa bella mostra di sé nelle vetrine delle librerie, appare un gesto quasi scontato.

Eppure, il "Canto di Natale" (o cantico) è uno di quei classici che realmente avrebbero bisogno di essere letti e riletti nel corso della  vita di ciascuno di noi e meditati con gli occhi ed il cuore, nonché la mente, del lettore che, inevitabilmente, mai resta lo stesso al trascorrere del tempo!

Il "Canto di Natale"  è forse tutto tranne che una storia natalizia se non per la presenza di quel titolo, se non per il fatto che gli accadimenti della storia avvengono proprio a Natale, se non perché tale voleva essere l'intenzione dello stesso autore che, insieme ad altre storie brevi (e di minor fortuna), la editò come vicenda da offrire ai lettori, fra il 1843 3 il 1848, nella serie dei "Christmas books".

Il Canto di Natale è molto, molto di più. Buona letture e.... buone feste.

Margherita Campaniolo

 

 

 

 

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