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Secondo le
conclusioni di un gruppo internazionale di oltre 100 scienziati, fino a
circa quattromila persone potrebbero ancora morire per l'esposizione
alle radiazioni dovute all'incidente all'impianto nucleare di Chernobyl,
venti anni fa. Fino a oggi, tuttavia, al disastro sono stati attribuiti
direttamente meno di 50 decessi, quasi tutti operatori di soccorso
esposti pesantemente alle radiazioni e morti nel giro di pochi mesi dopo
l'incidente (anche se qualcuno è scomparso più tardi, anche nel 2004).
Le nuove cifre sono contenute in un rapporto, "Chernobyl's Legacy:
Health, Environmental and Socio-Economic Impacts", appena presentato dal
Chernobyl Forum. Il rapporto completo, in tre volumi e 600 pagine,
incorpora il lavoro di centinaia di scienziati, economisti ed esperti di
salute. Il Forum è composto da otto agenzie specializzate delle
Nazioni Unite, fra le quali l'Agenzia
Internazionale dell'Energia Atomica (IAEA) e l'Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), oltre ai governi di Bielorussia, Russia
e Ucraina.
Nel rapporto si legge, fra le altre cose, che il primo giorno
dell'incidente vennero esposti pesantemente ad alti livelli di
radiazioni circa 1000 persone fra lo staff del reattore e gli operatori
d'emergenza. Degli oltre 200.000 lavoratori esposti dal periodo
1986-1987 in poi, circa 2200 potrebbero morire a causa delle radiazioni.
Oltre 4000 casi di tumore della tiroide, soprattutto in bambini e
adolescenti al momento dell'incidente, sarebbero dovuti alla
contaminazione causata dal disastro nucleare. Tuttavia, il tasso di
sopravvivenza fra le vittime del cancro - almeno a giudicare dalle cifre
della Bielorussia - è molto alto. Oggi, nei paesi dell'ex Unione
Sovietica, la povertà e i problemi di salute mentale costituiscono per
le comunità locali un pericolo molto maggiore dell'esposizione alle
radiazioni. |
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