Nel nostro passato, presente e futuro

una vita da formiche?

di Margherita Campaniolo

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Nella nostra realtà una vita da formiche? Città sotterranee, un argomento che ritorna d'attualità con serie esperienze già attuate all'estero ma che vede l'Italia allinearsi con progetti per future Napoli e Torino sotterranee.

 

Già la fantascienza se ne occupò. Herbert George Wells aveva previsto: "La città dell'anno Duemila sarà scavata nelle colline. Non sarà fatta di grattacieli". Asimov poi sublimò questo aspetto di fantascienza sociologica sia in Abissi d'acciaio (ambientato a New York) dove gli uomini del futuro vivono in città sotterranee  dove si sono "barricati", un'agorafobia raggiunta dopo anni di esplorazioni spaziali e di contatti con lo spazio ed i suoi abitanti; chiudersi in sé stessi è l'unico modo per sopravvivere, rimanere fortemente terrestri?

Dimenticare il fuori, il cielo? Anche nel cosmo si sono fatte scelte analoghe ed è così che Asimov inventa Trantor, capitale dell'Impero Galattico in Fondazione di ,la città più imponente mai vista che si allunga fino a due chilometri sotto terra.

 

Eppure le città sotterranee sono tutto fuorché "invenzioni" dalla moderna nascita o di natura fantastica: nella storia dell'uomo esistono molti esempi di città siffatte; Le più affascinanti forse in Cappadocia, Deinkuyu e Kaymaki. In un interessantissimo lavoro a cura del Progetto Editoriale Scheherazade, Viaggi e Avventure alla Scoperta dei Popoli e delle Antiche Civiltà dal titolo "Estratto: Turchia 1976", a proposito di Deinkuyu si legge:

"... Asfittiche, buie, impervie gallerie sotterranee, corridoi che esitano in trabocchetti. Soffro di claustrofobia, pur mi fagocita questa strana fortezza ancor più antica, poi rifugio di comunità  cristiane fuggite da Kayseri (I metà VII sec.). DerinKuyu ...12 fosse, 15 livelli scavati sottoterra. Piani inclinati si alternano a gradoni: calvario l'inoltrarsi. Al settimo livello  un edificio a croce, la sala di riunione degli ittiti più tardi chiesa. Accanto la prigione: soffitto retto da tre pilastri con agganci".

 

Perchè civiltà antiche costruirono città ipogee in quelle aree (ma anche altrove)? Anni di lavoro, quattro per l'esattezza, svolti da membri della Società Speleologica Italiana, Commissione Nazionale Cavità Artificiali costituiscono quanto pubblicato nel volume "Le città sotterranee della Cappadocia - Ipogei" dove è presente il primo elenco catastale con l'ubicazione di 175 insediamenti sotterranei.

   

 

Città realmente esistite quindi... ma le città sotterranee costituiscono una "realtà" nello scenario fantastico tra storia e fanta-storia tra archeologia e paleoastronautica: fu un giornalista dal nome Darius Caasy, nel 1948, ad affermare che non solo Hitler era vivo ma che in tutta Europa esistevano basi e città sotterranee in cui egli ed un gran numero di scienziati stanno attuando un piano formidabile che porterà alla fine del mondo (da lì il titolo, davvero particolare, del libro: La distruzione del mondo - ? - Hitler prepara.... ) Ogni settore ha una specializzazione e nessuna scienza è trascurata: la medicina, l'atomica, la meccanica. Questo spiegherebbe, dice Caasy: “il passaggio dei bolidi, delle sfere volante, dei dischi, delle luci azzurre nei cieli d’Europa e d’America, la comparsa misteriosa di aerei e mezzi subacquei, e certi strani fenomeni(...) che tengono in allarme le profezie dei vari paesi”.

 

Ed entità venute dal cielo sarebbero alla base di una civiltà sotterranea del sud America di cui si ha solo il racconto degli indios. Fu un capo tribù a raccontare quella di Akakor al viaggiatore e giornalista tedesco Karl Brugger: " Nel 13.000 a.C. brillanti navi dorate scesero nelle giungle lussureggianti del Sudamerica, guidate da maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu, sei dita alle mani e ai piedi. Il ricordo della loro discesa permane imperituro nella memoria dei nativi. Dissero di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti, che incrocia la Terra ogni 6.000 anni. Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: pietre magiche per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo. Con infinito amore donarono agli indios il lume della civiltà e gettarono le basi di un impero vastissimo che comprendeva Akakor, la fortezza imprendibile di pietra, nella vallata sui monti al confine tra Perù e Brasile, Akanis in Messico e Akahim in Venezuela, le grandiose città di Humbaya e Patite in Bolivia, Emin sul Grande Fiume e Cadira, e maestosi luoghi sacri: Salazare, Tiahuanaco e Manoa sull'altopiano a sud.  Sotto Akakor, una rete vastissima di 13 città sotterranee, nascoste alla vista degli intrusi, come arterie invisibili percorrono le millenarie foreste brasiliane. La loro pianta riproduce fedelmente Schwerta, la dimora cosmica degli Antichi Padri. Una luce innaturale le illumina all'interno, mentre un ingegnoso complesso di canalizzazioni porta aria e acqua sin nelle sue profondità. Il potente dominio, che contava sotto di sé 362 milioni di individui, durò tremila anni quando nell'Ora Zero, il 10.481 a.C., gli Antichi Padri ripresero la via del cielo con la promessa di ritornare".

Alieni quindi, come quelli che abiterebbero il sottosuolo nei dintorni di Aviano secondo l'ufologo Chiumento? Oppure quelli che descrisse qualche anno fa il contattista Eugenio Siragusa con l'affermazione che la nostra Terra (Cava) ospiterebbe, in un luogo chiamato El Dorado, una civiltà evoluta che ci accompagna da molto tempo, preoccupata per le nostre sorti.

 

El Dorado, Agartha, Shamballah, città antichissime, città militari, bunker e basi segrete, ed ora le future nostre città?

 

 

Ben affollato il sottosuolo terrestre e sempre di più in futuro eppur, saremo demodè ma come fece dire Dante Alighieri a Virgilio nella sua "Commedia" alla "fine" dell'Inferno:

 

"Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,

salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle

 

 

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Margherita Campaniolo

 mercoledì 13 ottobre 2004 16.57

 

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