Planetary Space Suit Design Team

Cosa indosseremo su Marte?

Resoconto di un anno di impegno culminato con una "sei giorni" della moda marziana

                di Margherita Campaniolo

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Il 15 marzo 2005, la Nasa assegnava al North Dakota Space Grant Consortium (NDSGC) una concessione aerospaziale di $100.000 per progettare e costruire un prototipo di vestito planetario adatto all’esplorazione di Marte. Tempo di consegna: marzo 2006.

Quali i requisiti richiesti dal progetto?

Una tuta spaziale che:

 

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Sia pressurizzata.

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Indossabile in non più di 10 minuti.

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Permetta di ascendere e discendere con sicurezza una scaletta

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Consenta di condurre le attività geologiche standard di studio diretto e di modificare attrezzi

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Consenta di attraversare pendenze nel terreno di 45 gradi

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Consenta di guidare un robot motorizzato.

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Sia adatto alla polvere marziana

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Consenta di rimuovere rapidamente il casco in caso d'urgenza.

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Funzioni in sicurezza per ore 1,5

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Consenta di sostituire parti del vestito in meno di 5 minuti.

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Non comprometta la salute di chi l’indossa almeno per 4 ore

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Contenga un sacchetto per bere

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Consenta di comunicare ad una stazione a distanza con la voce ed i video dati.

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Contenga un sistema di telemetria per trasmettere la temperatura del vestito, la composizione dei gas, l'umidità e la misura delle tossine.

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Consenta di trasmettere le informazioni sulla frequenza cardiaca e temperatura corporea.

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Contenga un refrigerante di liquidi.

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Abbia un casco con visibilità eccellente.

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Sia riparabile in ogni componente

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Deve essere consegnato alla NASA nel marzo 2006.

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Non costi più di quanto preventivato.

 

Un anno di lavoro entusiasmante per i giovani della Università del North Dakota guidati dal dott. Shanaka de Silva, North Dakota Space Grant Director, che hanno ottemperato a tutti i requisiti richiesti dal progetto.

 

 

 

 

 

Dall’1 maggio al 6 maggio 2006, a Belfield, hanno effettuato 6 giorni di prove sotto gli occhi attenti dei committenti.

Modello d’eccezione l’italiano Fabio Sau, un ricercatore italiano ma impiegato presso l'Università del Nord Dakota.

 

 

Il primo maggio sono state effettuate prove di motilità generali

Il due maggio, un temporale non ha consentito di fare prove in esterno. Il team, ospitati nei locali della università di Dickinson ha effettuato controlli ai sensori biomedici senza fili e di mobilità fattibili in interno

Il terzo giorno si è potuti operare in esterno. Fabio Sau ha indossato per la prima volta l'attrezzatura completa, compreso l'indumento esterno completo ed il fagotto sulle spalle che, nella prova contiene solo il trasmettitore dei sensori biomedici senza fili ma che ospiterà un sistema di sopravvivenza portatile. Sono state effettuate prove di raccolta campioni per mezzo di paletta con ottimi risultati nell’agilità di movimento.

Il 4 maggio Sau si è avventurato ad effettuare alcune “acrobazie”. Sono stati inoltre messi a punto i sensori del casco.

Il pomeriggio del quarto giorno è trascorso ancora in interno. Prove definite noiose ma necessarie di cinesi.

Penultimo giorno all’insegna delle pubbliche relazioni. Nessuna prova al mattino, un pomeriggio trascorso ospiti del North Dakota Newspaper Association Convention in cui è stata data una piccola dimostrazione e trasmesso un filmato con le prove effettuate i giorni precedenti. Presente il dr. Shan de Silva, presidente della NASA North Dakota Space Grant Consortium

Ed infine ultimo giorno di prove alla presenza di inviati di molte testate giornalistiche americane e non che, col trascorrere dei giorni, erano venute a conoscenza dell’esperimento. Una giornata magnifica di sole che ha messo a dura prova Fabio Sau che, come hanno scritto gli amici della sua università, ha resistito stoicamente dentro ad una tuta progettata per un clima freddo. Tra le nuove prove anche la giuda di un mezzo radiocomandato.

Nel pomeriggio prova finale: il Dott. Corinne Krauss ed i suoi allievi della università di Dickinson, all’interno di una camera, hanno bombardato Sau con ogni guisa e dimensione di polveri. Missione superata, l’abito ha risposto magnificamente, non sembra nemmeno impolverato!

Successo quindi per questo giovane progetto ed è interessante ed emozionante constatare dalle pagine scritte dai giovani ricercatori quanto entusiasmo e voglia di fare ci sia in loro (con quel pizzico di italianità che ci inorgoglisce)

Su Marte sarà di rigore l’abito blu? Chi vivrà vedrà, intanto anche se non sarà di designe totalmente made in Italy almeno il primo modello ad indossarlo era italiano doc!

Si ringraziano gli studenti della North Dakota University per l'uso delle foto in particolare Pablo de Leon

http://www.human.space.edu/Press_Release1.pdf

http://www.human.space.edu/

http://www.space.edu/spacegrant/

http://spacesuitlab.blogspot.com/

 
   

Data: 9 maggio 2006

Autore: Margherita Campaniolo

 
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