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Le misteriose

macchie scure

marziane

di Margherita Campaniolo

 

 
  Mars Odyssey Mission Themis - Image Credit: NASA/JPL/MSSS  

 

Sono veramente tanti i misteri che ancora avvolgono il nostro sistema solare ma forse mai, come nel caso di Marte, l’uomo sembra assolutamente intenzionato a scioglierne quanto più possibili. Marte, pianeta per molti versi così simile a noi e per altri profondamente diverso; Marte, questo nostro “fratello” celeste dalla rossa chioma così prossimo ed affascinante da aver quasi rubato il posto alla Luna, nei sogni dei terrestri, come luogo ideale in cui spingere i propri traguardi d’eterni esploratori.

Una folla di marchingegni alieni d’origine terrestre lo scrutano giornalmente, uno di questi è il Mars Odyssey della Nasa, partito da Cape Canaveral, in Florida, il 7 aprile 2001, arrivato a destinazione nell’ottobre seguente ed operativo dal febbraio 2002. Le sue osservazioni ci hanno regalato “quadri” sempre più chiari di questo pianeta ma anche nuove sfide e misteri da svelare come le misteriose macchie scure che, periodicamente, punteggiano in modo anomalo il polo sud marziano sostituendosi a delle crepe disposte a forma di "ragno".

 

     
 

 
 

Mars Odyssey Mission Themis - Image Credit: NASA/JPL/MSSS

 
     

 

Questa nuova “sfida” che ha condotto i ricercatori del team Nasa ad investigare sulla questione, aveva portato inizialmente a credere che, i misteriosi punti oscuri, altro non fossero che zone in cui, a causa del disgelo, chiazze del suolo del polo sud di Marte vengono allo scoperto, ricoperte in seguito, con l’alternarsi delle stagioni, da nuovo strato compatto di ghiaccio bianco.

Il modello ipotizzato, ben presto, non collimò con le nuove e successive osservazioni ravvicinate e le rilevazioni di dati dei sofisticati strumenti a bordo del Mars Odyssey e del Mars Global Surveyor.

Gli strumenti dell’Odyssey (operano sia utilizzando le lunghezze d’onda dello spettro visibile che quelle ad infrarosso) hanno infatti chiarito un punto fondamentale a sfavore della teoria suddetta poiché è stato misurato che i punti oscuri non sono affatto più "caldi" di quelli ghiacciati circostanti come invece ci si aspetterebbe da zone in cui il ghiaccio si è sciolto a causa dei raggi solari; essi invece mantengono una temperatura molto simile a tutto il resto (-198° Fahrenheit). Le ricerche condotte ci dicono oggi che quelle tracce scure sono prodotte da materiale proveniente da sotto lo strato ghiacciato, fuoruscito  a causa di forti pressioni interne e attraversando fatturazioni della calotta (i ragni) e che, essendo composti di gas ma anche di sabbia marziana, vanno a depositarsi al suolo causando quelle caratteristiche e singolari linee a “tratti paralleli” osservate in foto maggiormente ravvicinate.

 

  Mars Odyssey Mission Themis - Image Credit: NASA/JPL/MSSS  
     

 

Getti potenti di biossido di carbonio rompono quindi il silenzio di quelle lande misteriose oggi meno ignote grazie all’attento ed entusiasta lavoro di ricerca dell’Arizona State University e del team del dott. Phil Christensen che, insieme a Hugh Kieffer e a Timothy Titus dell’USGS (U.S. Geological Survey, Astrogeology Team) ha pubblicato i dati definitivi di queste scoperte su Nature del 17 agosto 2006.

 

 

  Uno spettacolo drammatico ed affascinante  
     

 

Abbiamo oggi la visione di un paesaggio drammatico ed affascinante, “risolto” grazie alle più di 200 immagini raccolte in quei luoghi da fine inverno a metà estate, senza sosta, dall’Odyssey e dalla sua macchina fotografica a multi-lunghezze d’onda Themis, progettata proprio da Phil Christensen e di cui è il responsabile principale. Tutto ciò ci regala un’ulteriore nuovo dato e cioè che il pianeta Marte è geologicamente più attivo e dinamico di quanto non si credesse. Phil Christensen a tal proposito dice che se un ipotetico osservatore si trovasse al polo sud marziano durante queste spettacolari emissioni non solo vedrebbe il fessurarsi e il  sollevarsi di lastre di ghiaccio, getti potentissimi scuri ergersi ad una velocità superiore ai 160 km orari, ma sentirebbe anche tremare la terra sottostante.

 

     
 

 
 

Ricostruzione del fenomeno

Image Credit: Arizona State University/Ron Miller

 
     
 

La zona interessata è compresa tra i 99° di longitudine ovest e gli 86.3° di latitudine sud. Le chiazze compaiono quando il sole è ad appena mezzo grado di altezza sull’orizzonte quindi, rapidamente, iniziano a divenire sempre più numerose con i giorni a venire e non in modo omogeneo se vi sono zone che ne restano prive anche per 100 giorni per poi riempirsene, in modo repentino ed accelerato, nello spazio di una settimana.

Le striature fanno la loro comparsa solamente giorni o settimane dopo quella dei singoli punti e talune si allungano per circa 800 metri. L’intero processo ha comunque avvio all’inizio dell’inverno antartico di Marte, a temperature di -128,89 gradi C., un freddo così intenso che l’aria marziana, composta per il 95% di anidride carbonica, ghiaccia e si dispone sullo strato permanente di ghiaccio sottostante composto di acqua, strati di polveri e sabbia. Nelle settimane il gelo ricristallizza, diventa più spesso e le particelle di polveri e sabbia lentamente affondano. All’arrivo della primavera lo strato esterno di gelo si è trasformato in una lastra di ghiaccio semitrasparente e spessa poco meno di un metro e punti deboli di rottura iniziano a cedere sotto la lastra, convergere sotto la stessa ed incanalare i gas in un unico punto (i ragni) fino a che questo non cede alla violenta e crescente pressione interna del CO2 ormai allo stato gassoso. Queste vie di fuga del gas tendono inoltre a divenire pressoché stabili anche nelle successive stagioni poiché il gas stesso tende a creare canali profondi e stabili.

La prepotente fuoriuscita di CO2 e il suo scorrere in tali incanalature provoca il trascinamento di notevoli quantità di materiale; le particelle più pesanti e grandi ricadono nei pressi del punto di uscita (punti scuri) mentre via via, in base alla loro natura e pesantezza, strati di sabbia e polveri fini si allontanano dal punto di sfiato seguendo le correnti. Christensen lo definisce come l’effetto provocato setacciando del grano in cui paglia e chicchi, di peso differente, lanciati in aria, occupano poi spazi divers; le polveri bianche e leggerissime, a differenza delle sabbie pesanti, vanno alla deriva a formare strati sottili ed uniformi e ne consegue che, anno dopo anno, saranno le sabbie pesanti a rivivere gli stessi processi pressappoco negli stessi punti. Il processo dura giorni e giorni fino a che la lastra di ghiaccio non sublima totalmente.

Affascinante Marte! Lo sentiamo così vicino a noi da far sorgere il dubbio a molti che un legame comune leghi l’umanità terrestre a questo pianeta; se cercavamo qualcosa che ci vedesse totalmente dissimili l’abbiamo trovato nel fenomeno delle misteriose macchie oscure marziane.

 
 

Data: 31 gennaio 2007

Autore: Margherita Campaniolo

 
 

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