Majorana, un genio

di Guido Trombetti

 

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Oggi alle 16 nell’aula magna della Federico II si inaugura l’annus mirabilis della fisica che cade nel 2005. Cento anni dopo la pubblicazione di tre lavori fondamentali di Einstein. Tali lavori riguardavano la teoria della relatività ristretta, l’ipotesi del «quanto di luce» (per cui ricevette il premio Nobel) e la teoria del moto browniano. Essi cambiarono la storia del pensiero umano. In particolare il lavoro sulla relatività ristretta che poneva le basi della relatività generale. Il tempo per Galileo era assoluto. Cioè i fenomeni che apparivano simultanei ad un osservatore dovevano apparire tali ad ogni altro osservatore. Tale idea veniva rivoluzionata e sostituita da Einstein con una definizione «pratica» di simultaneità. In seguito ad essa eventi simultanei per un osservatore potevano non essere tali per un altro. Si faceva salvo il rapporto di causa-effetto che restava indipendente dall’osservatore. Un simile salto di qualità ha pochi precedenti nella storia dell’uomo. Si comprende allora perché i fisici abbiano deciso di proporre il 2005 come anno mondiale della fisica, con l’alto patrocinio dell’Onu e dell’Unesco.


L’incontro inaugurale (realizzato grazie all’inarginabile entusiasmo giovanile di Bruno Preziosi) fa perno sul ritrovamento di una parte delle lezioni tenute da Ettore Majorana a Napoli tra gennaio e marzo del ’38. Lezioni sulla cui scomparsa si era sviluppato negli anni un piccolo giallo. Del quale anche si parlerà oggi. Furono pubblicate nel 1987, tratte dal manoscritto originale depositato da Amaldi alla Domus Galileiana di Pisa. Il sospetto che fossero incomplete era forte. La novità è che il figlio di Eugenio Moreno, matematico napoletano, ha fornito una copia degli appunti che il padre aveva copiato da quelli lasciati da Ettore Majorana. Fu Caccioppoli ad invitare Moreno a prender nota delle lezioni di Majorana. Le lezioni che egli ha trasmesso ai figli coincidono esattamente con quelle già note (anche nei refusi); peraltro quelle finora ignote sono redatte nello stile proprio di Ettore Majorana. Quella di Majorana è una vicenda che si collega con un filo sottile all’esistenza drammatica di tante grandi menti. Capaci di indagare la profondità dei più riposti meandri del pensiero (scientifico, artistico...) ma incapaci di dare senso comune alla propria esistenza. Galois, Caccioppoli, Pavese, Caffè...


Perché iniziare proprio con Majorana? Soltanto per la curiosità che suscita il mistero sviluppatosi intorno alla sua scomparsa? Rispondiamo con la parole di Enrico Fermi: «Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è gente di primo rango che arriva a scoperte fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che è invece comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso». Nasce a Catania il 5 agosto 1906 da una famiglia di agiati professionisti. Compie studi classici. Si iscrive alla Facoltà di ingegneria. Si trasferisce poi al corso di laurea in fisica dopo un colloquio con Fermi. In realtà seguendo la sua incontenibile passione per la scienza pura. Entra subito nel celebre gruppo dei ragazzi di via Panisperna creato dalla lungimiranza di Orso Maria Corbino intorno ad Enrico Fermi e di cui fecero parte fuoriclasse del calibro di Segrè, Amaldi, Pontecorvo e Rasetti. Nel 1937 è nominato ordinario di fisica teorica presso l’Università di Napoli per chiara fama, «per l’alta fama di singolare perizia cui è pervenuto...», recitava il regio decreto di nomina. Scompare tra il 26 ed il 27 marzo 1938 nel più fitto mistero.


L’attività scientifica di Majorana è contenuta in soli nove articoli. Si vuole che fosse pervenuto a formulare le basi della teoria dei nuclei leggeri. Ne aveva discusso in istituto e Fermi cogliendone l’importanza gli aveva consigliato di pubblicare il lavoro. Non solo non lo fece ma vietò di parlarne nel rapporto su «Lo stato della fisica del nucleo atomico» che Fermi tenne a Parigi il 7 luglio 1932. In quel periodo appare il primo lavoro di Heisenberg (successivamente premio Nobel) sulle forze di scambio. Grande fu l’amarezza di tutto l’ambiente. Majorana non aveva nemmeno permesso che si parlasse delle sue idee! Eppure erano per lo meno contemporanee a quelle di Heisenberg. Le forze di scambio nucleare sono oggi spesso chiamate forze di Heisenberg-Majorana. Viveva sempre più in solitudine. Persino i suoi più cari amici facevano fatica a vederlo. Amaldi che si doleva di un suo certo allontanamento dall’attività di ricerca ricorda: «i suoi interessi filosofici si erano fortemente accentuati tanto da meditare a fondo le opere di vari filosofi, in particolare quelle di Schopenhauer». Il 25 marzo del 1938 parte da Napoli in nave per Palermo. Ha con sé parecchio danaro ed il passaporto. Scrive una lettera a Carrelli, direttore dell’istituto di fisica, in cui manifesta propositi suicidi. Giunto a Palermo spedisce un telegramma ancora a Carrelli per smentire la lettera. «Il mare mi ha rifiutato - dice - ...non mi prendere per una ragazza ibseniana...». Riparte da Palermo la sera del 26 e da allora non se ne sa più niente. Le ricerche, sollecitate dalla famiglia e da Enrico Fermi personalmente a Mussolini sono spasmodiche ma non approdano a nulla.


Sono state fatte e vagliate tutte le possibili ipotesi. Anche le più fantasiose. Le più estreme. Si è lanciato in mare tra Palermo e Napoli. Ciò, stante a testimonianze di passeggeri, non potrebbe essere avvenuto che in acque dove, dicono gli esperti, prima o poi le correnti avrebbero restituito il corpo. Si è rifugiato in un convento per meditare sulle conseguenze agghiaccianti degli studi sull’energia atomica che egli avrebbe previsto. Tesi cara a Sciascia, sostenuta in un suo bellissimo libro. Tesi avvalorata da alcuni testimoni. Avrebbe chiesto di fare un esperimento di vita religiosa alla chiesa del Gesù Nuovo e poi al convento di San Pasquale a Portici. La famiglia chiese l’intervento di Papa Pacelli per sapere se non dove fosse, almeno se fosse vivo. Nulla. È andato in Germania perché simpatizzante del nazismo. È scappato in Argentina. Si è rifugiato sulle montagne del Cilento, giura, nel 1993, Andrea Amoresano, un pastore novantenne. Quella del Cilento era una pista già battuta dalla famiglia con convinzione. In realtà ad oggi non si può concludere che con le parole di Fermi: «Majorana, con la sua intelligenza, se avesse deciso di scomparire e di far scomparire il suo cadavere, ci sarebbe riuscito». O con quelle del Fu Mattia Pascal richiamate Erasmo Recami nel suo bel libro Il caso Majorana: «Chissà quanti sono... nelle mie stesse condizioni. Si lascia il cappello e la giacca, con una lettera in tasca, sul parapetto d’un ponte... e, poi, invece di buttarsi giù si va tranquillamente: in America o altrove».

25/10/2005

 

 

http://ilmattino.caltanet.it/hermes/20041025/NAZIONALE/CULTURA/MORA.htm

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