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Alfa Andromedae

 

Beta Andromedae con NGC 404

 

Gamma Andromedae

 

John Herschel

 

Tycho Brahe

 

William Herschel
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hipparcos (ESA)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Arato di Soli

(Cilicia, ca. 315 a.C. – Macedonia, dopo il 240 a.C.)

 

Phaenomena et Prognostica di Arato

Poema astronomico in 1154 esametri, richiesto ad Arato da Antigono e che si ispira all’opera di Eudosso di Cnido. La parte intitolate Pronostici è dedicata ai segni premonitori del tempo

 

Tolomeo

Formella del campanile di Giotto di Andrea Pisano

 

Almagesto

di Tolomeo

Antica copia manoscritta

 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

C. I. Hyginus - 1570

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Tum poeta: "Vos oro inquit mihi lyram date: nam ultimum lyra canere volo".

Arione sul delfino

Diaeta di Arione

Mosaico nella Villa del Casale (Piazza Armerina)

 

Giovanni Lanfranco,
Arione e il delfino,
1604-1605
Roma, Galleria Farnese

 

Andrea Mantegna

Arione sul delfino

1465-74,

affresco, particolare della volta, Camera degli Sposi,

Palazzo Ducale, Mantova

 

 

 

 

Mosaico Romano del III sec.
Orfeo doma le fiere con la Lira

 

Orfeo suona la lira

Andrea Mantegna 1465-74

affresco, particolare della volta

Camera degli Sposi

Palazzo Ducale, Mantova

 

Giorgio de Chirico

Orfeo solitario (1973)

Olio su tela

collezione privata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andromeda

Andromedae - And

 
     
     
     
 

 
 

Aspetto, posizione, composizione

 

Grande costellazione che si estende per 722° quadrati nota fin dall’antichità. Di facile individuazione in autunno, è comunque una di quelle costellazioni che è presente, nel cielo della zona temperata dell’emisfero settentrionale, per gran parte dell’anno. Superata una latitudine nord di 50° diviene quasi circumpolare.

Grande nell’estensione ma non nella luminosità, ha infatti solo due stelle che raggiungono il secondo grado di magnitudine (le stelle α e β And, Alpheratz e Mirach); ha un numero consistente di stelle binarie e variabili ma ciò che la rende una tra le costellazioni più amate e ricercate è la presenza di diversi pregevoli oggetti celesti: il più noto è la “Grande galassia M31”, meravigliosa, il più lontano oggetto visibile ad occhio nudo.

Intorno alla seconda settimana di ottobre Andromeda è comunque facilmente individuabile nel cielo notturno in quanto culmina a mezzanotte.

Presente nell'opera di Tolomeo, condivideva con Pegaso uno dei suoi astri: Alpheratz è infatti la "testa" di Andromeda ma era considerata anche la δ di Pegaso.

 
 

 
 

Confina a nord con Cassiopea e Perseo,  e quest’ultimo la domina anche ad est; a sud confina con Triangolo, Pesci e Pegaso che ritroviamo anche ad ovest insieme a Lucertola.

 
     
 

Schema delle principali stelle di Andromeda

Nome

Nome Proprio

Magnitudo

Distanza

Descrizione

Alfa Andromedae

α And

Alpheratz

2,06

97 a.l.

Stella bianco-azzurra. Doppia ottica, con una compagna, prospettica ma non fisica, di magnitudine 11,5

Beta Andromedae

β And

Mirach

2,07

200 a.l.

Gigante arancione che vede per compagna una nana 800 volte più debole del Sole di magnitudine 14. Sospetta variabile semiregolare per la sua oscillazione di magnitudine che  va da 2,01 a 2,10

Gamma Andromedae

γ And

Almach

2,10

350 a.l.

Stella doppia. La stella più brillante è giallo-arancione, la compagna blu-verdastra. Ogni componente è a sua volta una doppia: γ Andromedae è dunque un sistema quadruplo la cui stella più brillante è 650 volte più splendente del Sole

Delta Andromedae

δ And

 -

3,27

100 a.l.

Stella doppia; la compagna, scoperta nel 1878 da S. W. Burnham,  avendo lo stesso moto proprio, è una compagna fisica

Zeta Andromedae

ζ And

 -

4,08

180 a.l.

Binaria spettroscopica con diverse altre compagne

Kappa Andromedae

κ And

 -

4,15

170 a.l.

E’ una Stella tripla. La coppia fu scoperta nel  1879 da John Herschel; la terza stella nel 1923

Lambda Andromeda

λ And

 -

3,81

85 a.l.

Binaria spettroscopica, scoperta nel 1899 da Campbell che mostra, nel suo spettro, emissione di calcio

Nu Andromedae

ν

 -

4,53

650 a.l.

Scoperta e descritta da Tycho Brahe, stella poco interessante ma prossima ad M31 che Brahe non vide! Oggi si pensa che M31 possa avere una variabilità nella visibilità

Omicron Andromeda

ο And

 -

3,62

650 a.l.

Stella variabile, binaria stretta

Pi Andromedae

π And

 -

4,34

650 a.l.

Stella con due compagne visuali. Fu misurata per la prima volta, alla fine del XVIII secolo, da William Herschel

Omega Andromedae

ω And

 -

4,83

90 a.l.

Stella doppia scoperta da S. W. Burnham nel 1881 nel Lick Observatory. La compagna è una nana rossa membro remoto dell’ammasso galattico delle Iadi nel Toro.

36 And

 -

5,46

120 a.l.

Stella doppia stretta  scoperta nel 1836  da F. G. W. Struve. La primaria è una sub gigante 7 volte più luminosa del Sole

GRB 34

Groombridge 34

 -

8,09

11,6 a.l.

Sistema doppio di nane rosse, e di una delle stelle doppie più vicine al nostro sistema planetario

R And

 -

media: 10,71

incerta

E’ la variabile a lungo periodo più brillante della costellazione con una notevole ampiezza di variazione; al suo massimo è visibile con un semplice binocolo

AQ And

 -

7,67v

indeterminata

Variabile semiregolare

VX And

 -

7,52v

indeterminata

Variabile semiregolare

Z And

 -

10,60var

indeterminata

Binaria spettroscopica che combina le caratteristiche di una gigante rossa e di una caldissima stella del tipo B, probabilmente una sub-nana (Stelle simbiotiche le denominò P. W. Merrill). Probabile nova  ricorrente:  appare come una variabile rossa semiregolare ma ad intervalli piuttosto lunghi presenta dei brillamenti che la fanno aumentare di circa 3 gradi di magnitudine con larghe righe brillanti tipici delle novae.

Σ 3050

 -

5,81

95 a.l.

Le prime due componenti furono scoperte da F. W. G. Struve nel 1830/1832.  Nel 1909 è stata trovata un’altra compagna

 

56 And

 -

5,69

320 a.l.

Stella multipla; ognuna delle due componenti è duplice. Il sistema si trova appena oltre i confini a sudovest dell’ammasso galattico NGC752

Σ 228

 -

6,05

130 a.l.

Stella doppia, scoperta nel 1831 da F. G. W. Struve

OS 21

 -

6,46

337 a.l.

Binaria scoperta nel 1847 da Otto Struve, misurata anche da Hipparcos nel 1991. Fra quasi 3 secoli e mezzo la stella si troverà vicina al periastro e non sarà più separabile con un mezzo ottico

 

 
 

 
     
 

Altre notizie su alcune stelle di Andromeda

 

Alpheratz La stella α And viene a segnare, idealmente, il vertice della raffigurazione della bellissima giovane figlia di Cefeo. L'appellativo di stella α potrebbe sembrare quanto mai  azzeccato poiché apparirebbe esatto su due fronti: quello riferito all'asterismo della costellazione e quello relativo alla maggiore magnitudine di questa stella, seppur di pochissimo rispetto a β And e γ And,  nella costellazione. E' invece da sottolineare che la stella β And talvolta, nelle sue oscillazioni in magnitudine, la supera in brillantezza apparente. Alpheratz ha una temperatura superficiale di 9500K e, nel suo spettro, è evidente la presenza di manganese e gallio.

 

Il nome Alpheratz non è l’unico a lei attribuito e certamente non è il più antico. Anticamente era conosciuta come Sirah o Sirrah, dall’arabo “Al Surrat al Faras”  ovvero “l’ombelico del cavallo”,  in riferimento alla costellazione Pegaso alla quale era assegnata ( δ Pegasi).  A lungo venne considerata stella comune alle due costellazioni; lo è durante l’epoca di Arato di Soli (fra il IV e il III secolo a. C) che, nel suo “Phaenomena et prognostica” a proposito di Andromeda e di α And scrive: “Anche lassù ella è distesa, le braccia allargate; e anche in cielo è in ceppi; e ininterrottamente anche levate son le sue mani. Poi si avanza, con la pancia, sulla sua testa, un gigantesco cavallo; e un astro in comune a lei luccica in alto sul capo e a lui sull’ombelico”. Questa duplice assegnazione di α And a Pegaso e ad Andromeda, permane durante l’epoca di Tolomeo (II secolo d.C.) e, dalla traduzione in arabo dell’opera Almagesto, viene la denominazione di α And di “Al Ras al Mar’ah as Musalsalah”,  ossia “la testa della donna in catene”  e si legge contemporaneamente della stessa (versione in latino), “Quae in umbilico est et communis cum capite Andromedae”.

Johann Bayer, astronomo tedesco vissuto tra il XVI ed il XVII secolo autore del primo atlante stellare completo, l’Uranometria (1603), proprio su questa opera la indica come caput Andromedae ed aggiunge la denominazione usata nel De Astronomia di Igino: "Eadem enim stella & umbilicus Pegasi, & Andromedae caput appellatur".

 

Alpheratz è il vertice nordorientale dell’asterismo che prende il nome di Quadrato di Pegaso composto dalle stelle Alpheratz, Scheat (β Pegasi), Markab (α Pegasi) e Algenib (γ Pegasi).. Insieme alle stelle Caph (b Cas) e Algenib (γ Pegasi), Alpheratz costituisce il gruppo delle Tre Guide, che servono per stabilire la posizione della linea dell’ora zero di ascensione retta, il coluro equinoziale ovvero il primo meridiano del cielo. Per l’astronomia indiana del calendario induista di epoca vedica, Alpheratz indica un nakshatra, cioè una casa lunare, uno dei 27 punti in cui è divisa l’orbita della luna; viene detto Uttara Bhādrapada e condiviso con γ Pegasi. In Cina, sempre con γ Pegasi, segnava la 25a sieu, detta la Muraglia.

 

 

 
  Mirach

Particolare gigante rossa dalla marcata variabilità, cosa che, in alcuni periodi, la fa brillare di una magnitudine superiore ad Alpheratz (oscilla tra i 2,01 e i 2,10); ha uno spettro che evidenzia la presenza di metalli neutri. Le fanno compagnia una nana di 14a magnitudine, 800 volte più debole del Sole, oltre che altre due stelle più evidenti, di 12a magnitudine, quest'ultime compagne solo prospettiche di Mirach.

Il nome Mirach è di origine araba (mi’zar) col significato di cintura, corpetto o grembiule, in linea con la posizione che questa stella occupa nella rappresentazione della giovane principessa Andromeda. Molti i nomi a lei attribuiti nei secoli: Super Mirat, Mirat, Mirar, Mirath, Mirax, Merach, Super Mizar. L’accezione Mizar provocò non pochi fraintendimenti visto che Mizar è anche una stella dell’Orsa Maggiore (z Ursae Majoris). Se Alpheratz fu, in passato, associata alla costellazione di Pegaso, Mirach lo fu alla costellazione dei Pesci in alcune rappresentazioni antiche di origine araba (la stella alpha dei Pesci ad indicarne Il Cuore o Il Ventre). Sempre nei Pesci è nel calendario lunare cinese e copto.

 

 

 
 

 

 
 

Ammassi e Nebulose

A differenza di altre costellazioni, ricche di oggetti, la Lira, vista anche la sua limitata estensione, ne contiene solo 3 degne di nota, un ammasso globulare, un ammasso aperto ed una nebulosa planetaria: M56, NGC6791 e M57.

 

M56, ovvero NGC6779, è un ammasso aperto posto a circa metà strada tra Sulafat (Gamma Lyrae) e Albireo (Beta Cygni); essendo perciò interessato dai confini della Via Lattea non è di facile osservazione a causa della materia interstellare che ne offusca la visione. Fu scoperto da Charles Messier il 19 gennaio 1779, contemporaneamente ad una cometa; pochi anni più tardi, nel 1784, fu osservato e risolto da William Herschel. Si estende per 85 a.l., dista 32.900 anni luce da noi con una magnitudine apparente di 8,3 e contiene una dozzina di stelle variabili.

NGC6791 è un ammasso aperto molto antico con un’età che si aggira intorno ai 7 miliardi di anni. Alcune delle sue stelle, che si pensa siano circa 300, hanno una magnitudine che oscilla tra 10 e 9.

La nebulosa planetaria M57 (NGC 6720) fu scoperta dall’astronomo Antoine Darquier nel 1779. Nello stesso anno fu segnalata anche da Messier. E’ una nebulosa molto bella dalla forma ad anello detta perciò Ring Nebula. Facilmente individuabile, si trova tra le stelle della Lira Sheliak e Sulafat, osservabile con uno strumento amatoriale. La sua struttura è controversa, alcuni studiosi ritengono si tratti di un disco di materia, espulso dal collasso della sua stella centrale, una nana azzurra che sta terminando il suo ciclo, che ha una densità migliaia di volte superiore a quella del Sole e una temperatura infernale di 100000 K circa tanto da generare un’intensa radiazione ultravioletta che illumina i gas che la circondano; altri ritengono che la materia sia di fatto disposta a creare un involucro sferico. Distante da noi 4100 anni luce, ha una dimensione apparente superiore a Giove e una magnitudine apparente di 8,8; è in veloce espansione a circa 20-30 chilometri al secondo.

 

 
 

Ammassi di Andromeda

Nome Caratteristiche

Note

M56

NGC6779

Ammasso globulare

Si avvicina alla velocità di 145 km/sec

Fu descritta da Messier come "nebula senza stelle"

 

NGC6791

Ammasso aperto

Posto in una porzione di cielo estremamente ricca di stelle. Distante 17.000 anni luce. La caratteristica principale di questo oggetto è la strana forma semicircolare delle componenti più brillanti. E' molto ricco di metalli, ragione per cui viene studiato dagli astronomi in cerca di pianeti extrasolari in ammassi aperti

Nebulose di Andromeda

Nome

Caratteristiche

Note

M57

NGC 6720

Nebulosa planetaria

Si presuppone abbia un'età di 6.000 - 8.000 anni. E' la seconda nebulosa ed essere stata scoperta (15 anni dopo la prima, M27)

 

 
  Curiosità e un po’ di storia legata ad Andromeda  
 

La Lira rappresenta l’omonimo e antichissimo strumento musicale a corde che la mitologia greco-romana attribuiva all’invenzione del dio Mercurio (l'Hermes dei greci).  Quest’ultimo ne fece dono al fratello Apollo che la donò, a sua volta, ad Orfeo, figlio della Musa Calliope e del re della Tracia Eagro. Orfeo, imparata l’arte della musica e del canto dalle Muse, divenne sublime in queste arti, in grado di affascinare anche gli elementi della natura. Una delle imprese di Orfeo, dove la lira si rivelò fondamentale, fu quella che visse dopo la decisione di unirsi agli Argonauti di cui era cantore: suonando la lira salvò i compagni dalle insidie delle Sirene. Alla morte di Orfeo la Lira fu posta in cielo come costellazione.

A introdurla nelle carte celesti del cielo boreale fu Tolomeo (85 circa – 165 d.c.)

Fino in epoca romana col nome di Lira veniva anche ad essere indicata la stella Vega; il nome della stella Sheliak (dall’arabo) stava a significare “arpa bizantina” mentre Sulafat “testuggine”, in ricordo del guscio di tartaruga usato da Hermes per costruire la Lira stessa.

La Lira però ha avuto anche altri nomi ed altre raffigurazioni. Gli arabi la chiamavano al-nasr-al-waki e cioè L’aquila  (o l’avvoltoio) in picchiata e con Al-waki indicavano l’odierna Vega, nome che, trasformandosi, da Al-waki divenne Wega (così la indica Bode nel suo atlante in cui denomina Vultur Lyrae la costellazione) e infine Vega. Veniva perciò raffigurata come un’aquila o un avvoltoio dalle ali distese lungo il corpo in fase di attacco e Vega segnava il becco del rapace. Nei pressi, su Altair e le stelle limitrofe, ponevano un’Aquila ad ali spiegate.

Negli Atlanti celesti successivi al medioevo è facile trovare una versione che pare conciliare le due tradizioni: la costellazione è rappresentata come una Lira che ha dietro a sé un rapace in picchiata e, in seguito, con un’aquila (appollaiato o meno) posta posteriormente a questa.

 

La costellazione della Lira detiene anche degli speciali primati: comprende la prima stella ad essere stata impressa su lastra fotografica (Vega, 1850) ed è stata (e sarà ancora) la costellazione con la più bella stella polare che potremmo immaginare di avere. Vega infatti, 14000 anni fa, segnava il polo nord celeste e lo rifarà tra circa 12000 anni grazie al movimento dell’asse, (asse del mondo) che descrive nel cielo un cono il cui cerchio di base tocca due stelle opposte: la stella Polare e la stella Vega (precessione degli equinozi).

 
     
  Mitologia di Andromeda  
 

Almeno tre le storie mitologiche legate all’origine della costellazione della Lira di cui sono a conoscenza e, come spesso accade per questi racconti, talvolta uno stesso mito possiede versioni differenti: è il caso del mito di Orfeo e della sua leggendaria lira.

Uno dei miti della Lira proviene dall’oriente e da una dolce ma straziante vicenda amorosa tra una tessitrice (stelle della Lira) ed un pastore (Altair) separati per sempre da un impetuoso corso d'acqua (la Via Lattea).

Un altro racconto mitologico (ma che sembra avere origini da personaggi e fatti che hanno un fondo di verità) relaziona la Lira al mito di Arione, musico di Lesbo e figlio di Posidone al servizio di Periandro, tiranno di Corinto. Erodoto racconta la sua vicenda: "Arione fu il più grande citaredo dell'epoca, il primo uomo a nostra conoscenza a comporre un ditirambo*, a dargli nome e a farlo eseguire a Corinto. Raccontano che Arione, il quale trascorreva accanto a Periandro la maggior parte del suo tempo, aveva deciso di compiere un viaggio per mare fino in Italia e in Sicilia; là si era arricchito, poi aveva deciso di ritornare a Corinto. Quando si trattò di partire da Taranto, poiché non si fidava di nessuno più che dei Corinzi, noleggiò una nave di Corinto. Ma in mare aperto gli uomini dell'equipaggio si accordarono per liberarsi di lui e impossessarsi delle sue ricchezze. Quando se ne accorse cominciò a supplicarli: era disposto a cedere i suoi averi e in cambio chiedeva gli lasciassero la vita; ma non riuscì a convincerli.
Gli dissero che doveva uccidersi, se voleva essere poi sepolto nella terra, oppure gettarsi in mare. Allora Arione, disperato, chiese il permesso, poiché avevano deciso così, di cantare in piedi sul ponte della nave, in completa tenuta di scena; promise di togliersi la vita dopo aver cantato.
I marinai, felici di ascoltare il miglior cantore del mondo, si ritirarono dalla poppa verso il centro della nave. Arione indossò il suo costume di cantore, prese la lira e cantò la più famosa delle sue canzoni, stando in piedi sul ponte della nave. Quando ebbe finito di cantare si gettò in mare così com'era, nel suo costume di scena.
I marinai fecero poi rotta verso Corinto, mentre Arione fu raccolto da un delfino e trasportato fino al Tenaro: di qui si diresse verso Corinto, ancora in tenuta di scena. Quando vi giunse narrò tutto l'accaduto a Periandro, il quale, incredulo, decise di trattenerlo sotto sorveglianza e di indagare sull'equipaggio della nave.
Quando i marinai furono tornati, li fece chiamare e chiese loro se potevano dargli notizie di Arione. Mentre rispondevano che si trovava in Italia e che lo avevano lasciato a Taranto in buona salute e fortuna, Arione si mostrò davanti a loro, ancora vestito come quando era saltato dalla nave. Restarono sbigottiti e ormai incapaci di negare quel che avevano fatto.
Questo raccontano i Corinzi e i Lesbi; e sul Tenaro si trova una piccola statua votiva di Arione, in bronzo: un uomo in groppa a un delfino.                                                        
 
(Erodoto, Storie I, 23-24)

Si racconta che fu Apollo stesso, protettore della musica, a voler dare eternità a questa vicenda: assise in cielo, composte da stelle vicine, la Lira di Arione e un delfino.

*Ditirambo: canto in onore di Dionisio

 
     
 

Ricordiamo infine il più noto tra i miti legati alla Lira e che ci racconta sia la nascita di questo strumento che le ragioni che hanno indotto gli dei a renderlo eterno come costellazione.

Zeus, tra le sue innumerevoli compagne (consenzienti o meno) ed i relativi figli nati da queste unioni, annovera una delle sorelle Pleiadi, Maia. Nasce così Hermes, un bambino che fin dalla culla si distingue per le sue capacità sovrumane ma anche per le “birichinate” tutt’altro che divine.  

Hermes viveva con la madre in Arcadia, in una grotta sul monte Cillene. Era ancora un neonato quando un giorno, uscito dalla culla e dalla grotta, vede una innocua tartaruga brucare l’erba. Hermes l’afferra e la uccise, poi la ripulisce delle parti molli fino ad avere il solo guscio tra le mani, la fora e vi tende sette corde di intestino di mucca (sette come le Pleiadi). Era nata la lira.

Una predilezione per gli animali? Forse, visto che non pago si reca nella Piera, luogo sacro adibito al pascolo dei sacri buoi. Ruba cinquanta capi che porta via; due li destina a sacrificio divino e nasconde i restanti. Probabilmente stanco (e pago) delle avventure ritorna alla grotta e alla culla.

Gli armenti oggetto del furto appartenevano ad Apollo che, accortosi del furto, si servì delle sue capacità divinatorie per capire chi aveva osato fare ciò. Vede così che il ladro altri non è che l’infante figlio di Maia. Recatosi sul monte Cillene chiede a Maia di rendergli conto dell’accaduto ma Maia non gli crede e mostra il piccolo figlio dolcemente addormentato in culla. Apollo perde la pazienza e non intende farla passare liscia a quel furfante, seppur incredibilmente piccolo, quindi prende il bambino e lo porta al cospetto di Zeus, sull’Olimpo, reclamando giustizia. Il piccolo Hermes è davvero un monello nato, nega, racconta storie e bugie che divertirono Zeus ma poi è costretto a cedere e ammette, finalmente, di avere preso lui gli armenti e di averli nascosti. Giunti sul luogo Apollo ha l’amara visione di due dei suoi sacri buoi debitamente squartati e chissà che fine avrebbe fatto Hermes, vista la furia incontenibile di Apollo, se il piccolo non avesse avuto l’idea di tirar fuori la sua lira ed iniziare a suonare.

 

Quella lira si rivelò non un semplice strumento poiché la musica che sprigionò ebbe il potere di sciogliere la collera di Apollo il quale anelò di possederla e la indicò come risarcimento per il danno subito. Hermes può tenere anche il resto della mandria. Lo scambio è accettato e da quel momento il dio Apollo diviene il protettore delle arti musicali.

 

E’ di Eratostene la cronaca di come poi, Apollo, donò a sua volta la divina lira al giovane Orfeo, affinché accompagnasse i suoi versi con della musica.

Orfeo diviene il divino cantore, in grado di ammaliare persino la natura con la sua musica e, la lira, ebbe la sua parte nell’affascinare e conquistare la bella ninfa Euridice.

 

L’essere la sposa di Orfeo non protegge però Euridice dalle mire poco divini di Aristeo, figlio di Apollo, che un giorno, mentre passeggia con le Naiadi in Tracia, è insidiata da Aristeo non intenzionato a cedere al suo rifiuto. Nel fuggire, Euridice inciampa su un serpente che la morde mortalmente. Orfeo ne è distrutto, non è intenzionato ad arrendersi nemmeno di fronte alla morte, supplica gli dei di restituirgli l’amata e Zeus, commosso, gli permette di scendere negli inferi.  E' un privilegio mai concesso ad anima viva e che non promette di far ottenere quanto sperato; nessun morto è mai tornato in vita.

 

Orfeo, “armato” della sua lira, suona per le creature degli inferi arrivando a conquistarle, fa propria persino il favore di Ade, dio del luogo. Orfeo ha quindi il permesso di portare via la sua sposa ma ad una condizione: durante l’ascesa al regno dei vivi non deve mai guardare Euridice che camminerà dietro a lui poiché il segreto della vita non deve essere, in alcun modo, scoperto.  

 

I due sposi si avviano per il lungo e buio cammino ed è la lira a indicare ad Euridice la strada da percorrere. Orfeo è felice ma è assalito da mille dubbi: è davvero la sua amata a seguirlo? Gli dei hanno mantenuto la promessa o si stanno prendendo gioco di lui? Resiste per lungo tempo poi, quasi giunti alla meta… si volta e guarda. E' la fine. Appena il tempo di rivedere l’amata che ella scivola nell’oltretomba, stavolta per sempre.

 

Orfeo non si riprende più dall’evento, assalito dal dolore e dal senso di colpa. Le sue musiche si fanno sempre più tristi, smette di fare sacrifici in favore del dio Dionisio curandosi solo di lodare Apollo salutando tutte le mattine il disco solare e non desidera avere accanto a se nessuna donna, tutto fino al tragico epilogo della sua vita.

 

Diverse le versioni che lo descrivono: una racconta che il dio Dionisio, contrariato, inviò dei  suoi fedeli a punirlo; essi lo uccisero e lo ridussero in pezzi (Eratostene). Un’altra da la causa della morte di Orfeo a dei briganti che lo assalirono nei boschi della Tracia dove lui trascorreva i giorni a suonare la sua triste musica. Un’altra ancora vuole Orfeo morire per mano di un gruppo di donne che, contrariate dalla sua indifferenza, presero un giorno a lanciargli sassi. Eppure il suono della lira lo protegge, i sassi ed i dardi vengono deviati come ubbidendo a quel suono magico. Le donne allora presero a schiamazzare fino a che, coperto dal baccano il suono della lira, i sassi raggiungono il bersaglio. (Ovidio, Metamorphoses)

 

Muore Orfeo, tragicamente raggiunge infine la sua Euridice. La Lira, il guscio di tartaruga con sette corde costruito da Hermes, è gettato nel fiume Ebro ma continua a suonare. Zeus non restò indifferente: la recupera e la porta tra le stelle. Altri narrano che furono le Muse, Zeus consenziente,  a compiere il giusto gesto.

Eurydicenque suam iam tutus respicit Orpheus”. (Ovidio, libro XI, vv. 1-66 delle Metamorphoses).

 
     
  Data: 21 gennaio 2009  
  Autore: Margherita Campaniolo  
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